domenica 9 settembre 2012

Brave: quei ribelli (non comunisti) della Pixar

Finalmente una nuova puntata dei Pixar files. E lasciatemelo dire: era proprio ora. Dopo il trittico tutto nuovo Ratatouille-Wall E-UP sono seguiti due seguiti (beccatevi il gioco di parole tié): il buonoforseottimo Toy Story 3 e quel Cars 2 che prima o poi si vedrá. Insomma Brave lo aspettavo al varco per tutta una serie di motivo. E lo voglio scrivere prima di lanciarmi nella pappardella la sommatorio pregi - difetti da risultato positivo, anche se per lo sconforto di qualcuno sono andato a naso e non ho certo soppesato numericamente i due aspetti.
Suvvia. Brave é il primo film Pixar in cui la mano femminile é presente e certificata dalla presenza di Brenda Chapman (che però non ha visto la fine del processo di lavorazione). Il legame madre/figlia domina la sceneggiatura interamente, vive di momenti di rara naturalezza propri di ogni adolescenza e sfocia in una finale - bando alla virilitá - da lacrimoni. Tutto il resto é grasso che cola e per giunta di ben poco valore/spessore; eppure Pixar ci ha sempre abituati ad una maniacale cura al dettaglio. E mentre invoco a voce baritonale uno spin off per i tre gemellini, mi dispiaccio per il minimo spazio dato ai tre Lord vichinghi, per la banalitá del ruolo della strega intagliatrice (é proprio cattiva o solo smemorata?), per il sempiterno colorito da imbecille del padre-regnante (che invece ha una profondità d'animo pari a quella della madre).
Brave in ogni caso vince la scommessa fatta a suo tempo da Pixar: toni cupi, una trama con luci e ombre, un mondo magico (ma il tono é un blando miyazaki), tanti tantissimi alberi e quel fare medievale. Nessun altro film Pixar aveva cercato di approfondire in maniera così profonda il rapporto tra due personaggi, portando addirittura alla commozione su un finale che trasmette le stesse emozioni dell'inceneritore di Toy Story 3 anche se a onor del vero in Brave è tutto più telefonato. Purtroppo le tante sfaccettature che compongono il legame madre-figlia, la grande serietà di fondo e udite udite la non linearità dell'evoluzione, portano necessariamente con sè uno svilimento di tutti gli altri personaggi per incontrare una platea anche giovanissima. Ma è certo che gli infanti dall'ultima fatica Pixar difficilmente potranno trovare edificante la morale servita a fine pellicola, che invece parlerà e molto a quanti attraversano ora l'adolescenza e perchè no la gioventù; d'altra parte si troveranno coinvolti non poco anche i genitori che sapranno capire la ribellione della figlia ma anche l'amorevole tenacia della madre.

La scommessa di qui sopra verteva principalmente sul recuperare il bagaglio fiabesco avventuroso delle principesse Disney e renderlo in un prodotto d'animazione di maggior cupezze e dalla trama più arzigogolato. Poi qualcuno degli sceneggiatori se ne è uscito dicendo: vabbè ma così è troppo semplice, ci vorrebbe una capigliatura della principessa Merida composta da ricci vaporosi che hanno una vita propria esattamente come i ballonzolamenti del videogioco Dead or Alive. Che sfida! rendere la chioma realistica nel movimento eppure espressiva di per sè in bellisima simbiosi con gli occhi azzurri della protagonista e le movenze buffe di lei e del resto del cast digitale.
La colonna sonora riflette inevitabilmente di influenze celtiche (eccolo a briglia sciolta), che nei miei confronti sono sempre più che ben accette. Dispiace purtroppo che la versione italiana traduca due delle tre canzoni cantate del film e le assegni al solito prodotto di Amici/X-factor, in questo caso la rossa (toh va...) Noemi. Vabbè, ascoltatevi le originali di Touch the Sky e poi l'altrettanto evocativa Into the open air, entrambe rifacentesi al desiderio di libertà e indipendenza così ardentemente bramato dalla principessa Merida. Se poi volete cullarvi nel mood celtico del film le due ninna nanne Noble Maiden FairTha Mo Ghaol Air Aird A' Chuain qualsiasicosavogliadire sono più che indicate.
Post Scriptum: purtroppo dei corti che sono soliti aprire i film Pixar si parla sempre in chiusura o in minuscoli box. La Luna di Enrico Casarosa che apre Brave è un genuino attacco d'arte. Nella storia dei corti Pixar probabilmente si è visto qualcosa di migliore e più ritmato, ma l'immagine finale di stupore che fa tanto Baricco e il rapporto tra padre e nonno valgono da soli la visione. Un altro pezzo artistico Pixar che lascia il segno, anche se me lo aspettavo più graffiante.