giovedì 27 gennaio 2011

Una qualunque legalità

Se per gli amici dell'Economist pilu è liberamente interpretabile come la sottile estremità di una coda (?!?), per noi quaggiù Qualunquemente può liberamente interpretarsi come una quasi commedia.
C'è l'elemento divertito e ironico di un personaggio sopra le righe come quello portato alla ribalta da Antonio Albanese, eccessivamente clientelare, trasformista se serve, pure in odore di mafia.
C'è forse la satira, quella vena polemica tirata in ballo nelle ultime settimane dalla stampa tutta e cavalcata ovviamente dal comico nel corso della promozione del film.
Anzitutto, però, c'è la voglia irrefrenabile di far ridere secondo meccanismi speculari al buon senso, e pagare le tasse è come la droga, e fregarsene di poveri e bisognosi, e disturbare la funzione religiosa parlando concitamente al cellulare. Se queste sono le premesse di una campagna elettorale costruita attorno alla demolizione avversaria, all'offesa personale, alla sincerità dell'I have no dream...ma mi piace 'u pilu, beh. Eccoci! Marina di sopra (gemellata con Weimar) chiama Italia e fa della gestione della cosa pubblica una marcetta clientelare, una parata di parenti e belle figliole nei posti chiave della giunta comunale, fa specialmente del tragitto penitenziario-villa con ori e jacuzzi un percorso battuto a più riprese.
Ma a fronte di una regia discreta giocata molto sui primi piani e una colonna sonora a metà tra un pulp, un western e una tarantella, è la sceneggiatura a mostrare evidenti lacune. Diciamosolo che per come è costruito il film fissa il personaggio di Laqualunque in maniera più marcata dei monologhi televisivi, e tuttavia al tempo stesso lo rende nei fatti, nella maniera di comportarsi una macchietta, uno che in fin dei conti manco ci crede nella politica. Eccerto molti staranno già pensando alla nostra classe di regnanti, magari di un partito solo e ben preciso, di cui Albanese si diverte a richiamare la disinvolta retorica nel finale, nell'opporre la volontà popolare alla persecuzione giudiziaria. Avete capito forse a chi si riferisce?
Ma in verità riconsiderare il film alla luce di rimandi alla politica nazionale, a papelli mafia-stato, significa essere miopi all'atavico clientelismo del mezzogiorno, se non dell'Italia come sistema. Per non difendere nè l'uno nè l'altro Cetto Laqualunque esce vincitore basandosi sulla scaltrezza e il senso del legame più che sull'onore e sulla menzogna. Una vittoria sorretta da sguiati motti, strillati via etere e via manifesti elettorali, efficaci perchè sopperiscono anzitutto al vuoto demagogico della parte avversa, di un professionismo politico razionale e non istintuale...

sabato 22 gennaio 2011

Settimana Incom da dimenticare...

Novella 2000 di questa settimana dedica la prima pagina del noto giornale di cronaca rosa ai festini di Berlusconi e delle sue amichette/concubine/frequentatrici/escort. Nel tondo l'attuale presidente del consiglio e incollate vicine vicine le Ruby, le Noemi, le Minetti, eccetera eccetera. Titolone: "Berlusconi. Tutte fidanzate?".
L'Espresso, noto settimanale della sinistra liberale fondato nel 1956 da Eugenio Scalfari, con il quale hai una relazione complicata dall'estate scorsa, sceglie per il numero più recente un fotomontaggio con un Berlusconi posticcio semisdraiato su un divanetto, Ruby sulle sue ginocchia e nella reggia di Arcore altre avvenenti ragazze. Titolone anche qui: "Arcore by night".
Notate somiglianze? Sembra proprio che i due rotocalchi, esponenzialmente distanti per argomenti trattati e taglio giornalistico, dedichino la prima pagina al medesimo argomento e si ingegnino per ottenere raffigurazione quantomeno similari. Casualità?
Al che viene da pensare che l'attuale clima teso e nervoso dell'Italia intera sia tale non per una effettiva degenerazione della classe politica (fermo restando che praticare incontri sessuali a pagamento non sia il massimo esempio di moralità), quanto piuttosto per via di un discorso giornalistico che scambia la politica, cioè il dibattito sui problemi del paese e le possibili soluzioni, con il sano gossip. Quello da sfogliarsi sotto il solleone della riviera romagnola.
E bizzarro perdipiù notare come siano proprio quei giornali sempre pronti a stigmatizzare la vacua retorica di una politica costruita su strilli anzichè su confronti di idee, i primi ad indagare e ad entrare nei dettagli di cosa succede a quei meeting/cene/incontri/divertissements/festini, scadendo nel bieco elenco di riti sessuali dai nomi esotici. Al solito: alla povertà di idee politiche ecco scendere in campo il quarto potere per chiedere le dimissioni del governo. Si parla di lealtà, di promesse elettorali, e poi si cerca la liquidazione con scandali sessuali?
Leggere i quotidiani dell'ultima settimana, dal Corriere al Manifesto, da Libero a Repubblica, si avverte la fitta allo stomaco data da un giornalismo bieco e insofferente, attaccato a dibattiti inconsistenti. Che ora pubblica nomi, cognomi e numeri di telefono di queste ragazze, fanculo alla privacy, fanculo alla dignità della persona, fanculo alle indagini della magistratura...
Duole constatare di quanto all'opinione pubblica interessi davvero queste questioni, di come si appassioni di bunga bunga, gemelline procaci e squallide intercettazioni. Di come anche le persone più intelligenti con cui hai a che fare, quelle con una pulsante passione politica si attacchino a simili argomenti, plaudano le telefonate battute di Vergassola a Parla con Me, il salace battutare di Santoro (Annozero), il tronfio Floris rigettare una telefonata di Berlusconi durante Ballarò...
E dire che di argomenti di cui discutere la politica italiana ce ne sta offrendo di ogni tipo: dal centocinquantenario dell'Unità d'Italia alla posizione della Corte Costituzionale in merito al Legittimo Impedimento (sentenza discutibile...), dalla deroga al contratto nazionale per gli operai di Mirafiori all'imminente discussione sul Federalismo Municipale. Tutta questa roba da intellighenzia dove è andata a finire? Oscura nota a margine di un intervista con Mora, Fede, Minetti, Ruby? Trascurata in virtù di doppisensi e passioni sessuale di un settantenne con problemi di prostata?

L'assassinio Montesi (anni '50): forse allora c'era almeno più dignità

lunedì 17 gennaio 2011

Camicia nera sotto la giubba da marinaio?

Ezra Pound fu certamente il capofila degli intellettuali fascisti e di questa sua mistica politica non ne fece mai mistero. Piuttosto, che dobbiamo dire di Hugo Pratt?
Se lo sono chiesti proprio gli animatori del circolo neofascista della Capitale Casa Pound lo scorso 14 nel corso di un incontro intitotalato senza troppe sottigliezze "Camerata Corto Maltese".
E per molti è bastato questo a far cadere un mito: ma come il marinaio con l'orecchino, simbolo vivente del vivere apolide, senza patria nè casacca politica, ora mi diventa un mussoliniano della prima ora?
Urgono spiegazioni: dichiara Adriano Scianca, responsabile culturale del salotto romano, che "con quel titolo non abbiamo certo voluto indicare un'appartenenza ideologica, ma solo segnalre che alcune caratteristiche di Corto, dallo spirito libero al gusto dell'avventura, dalla fedeltà delle amicizie al senso dell'onore, corrispondono alla nostra idea di cameratismo".
Per carità, questa idea di cameratismo è tanto bella quanto farlocca, visto che la storia infine tale concetto sociale, corporativistico, lo ha rigettato. E' come quando leggi Marx e dici che bello, tutti uguali, popolo padrone delle fabbriche, lo Stato che provvede alla sussistenza, poi vai a ricercare tali segni nella Russia post-1917, eh vabbè...
In ogni caso di sicuro, parlare di Corto Maltese e della sua etologia fa sempre bene, vista la complessità della sua letteratura. Se posso intromettermi nel dibattito, credo che il buon Corto possegga un atteggiamento distaccato rispetto alle vicissitudini politiche, ma anche nei confronti dei cambiamenti sociali. Le sue avventure coprono un arco temporale molto vasto, quasi l'intera prima metà del '900, tanto che il marinaio si imbatte dapprima nei prodromi della Rivoluzione d'Ottobre (Corte Sconta Detta Arcana) e subito dopo malmena un gruppo di aderenti ai Fasci di Combattimento (Favola a Venezia), poi nel '36 è, come Orwell, in Spagna alle costole di Franco.
L'idea del sottoscritto è che Hugo Pratt abbia strutturato politicamente il proprio personaggio con un doppio strato di ironia proprio per mettere in crisi quel partigiano che vuole un'icona così importante della letteratura novecentesca dalla propria parte. Sciocchini...

Tavola tratta da "Favola a Venezia"

domenica 16 gennaio 2011

Il cellulare che ci meritiamo

Ti fermano l'altro giorno e un pò a tradimento e un pò no pretendono di vedere il tuo cellulare.
Premetti: è un cellulare che funziona, che chiama e che manda pure i messaggi, ok?
Agisci: manca nella tasca destra, non è inchiappettato dai guanti.
Mostri. Segue risata, coperta in minima parte da una assordante melodia pop-rock-punk...j-pop.
Segue giustificazione in stile flow charter: rimanda l'interlocutore alla premessa. Segue affronto: andrebbe ospitato in un museo.
Ti sarebbe piaciuto fissare l'espressione tipo dafuck all'udire tale affermazione: sarà per la prossima volta.

Nokia rilascia il modello 3510 nel 2002. Nel 2002 uscì il Gamecube, nel 2006 uscì il Wii con la stessa tecnologia di Gamecube: mai pensato di spedire Wii all'interno di un museo.
Sempre Nokia sempre in quell'anno ne fece pure il modello 3510i a colori. Il primo a colori della casa scandinava. Nel 2002 egli spaccava: compatibilità JAVA, GPRS, Internet WAP, suonerie polifoniche, MMS.
Ora tu hai nella tasca del cappotto l'altro giorno un modello del Nokia 3510i. Preso tra il 2003-2004, affinchè la mamma potesse rompere i coglioni pure aldifuori delle mura domestiche, nonchè come device per chiamare i numeri d'emergenza (per qualche mese pure registrati in rubrica, segue risata, segue cancellazione), allora te la tiravi abbastanza per avere un cellulare a colori, laddove tutti giravano con il 3310. Parimenti quest'ultimi ti sbeffeggiavano perchè non potevi giocare a Snake, ma solo a un Pilotwings venuto male e una specie di tennis con racchette svolazzanti. Grazie al cielo non giochi più a queste sottospecie di videogiochi.
Nel 2009 dopo svariati anni di servizio e nessun problema ravvisato, muore la batteria. Cioè dura sempre meno e quindi ti metti alla ricerca di una sostitutiva. L'unica che trovi sta su Ebay, è di terze parti e fa cagare al cazzo. Costo: meno di dieci euro. Attualmente equipaggiata.
Non molti mesi prima si inizia a ravvisare un inciampo nell'impianto audio: spegnendo il telefono, alla riaccensione il sonoro non ricompare. E comunque mentre si telefona si sente assai basso. Non vuoi credere che si tratti del tuo impianto uditivo, benchè abbia oltre vent'anni alle spalle.
Ma no, non metto il mio padiglione auricolare in un museo.

Qualche giorno prima dell'altro giorno. Metropolitana milanese. L'ennesimo sfottò al tuo soldatino della Guerra dei Trent'anni. Questa volta diretto da chi magna la scocca esterna di un telefono a conchiglia (già, come la gente normale consuma i tappi delle penne. Specie se gli sono state prestate) o non è in grado di configurarsi con la tastiera di un Motorola. Segue regalo di un cellulare Nokia, pare attualmente di buona salute.
Riveli, qualche giorno prima dell'altro giorno, l'intenzione di premiare la costanza con un nuovo apparecchio cellulare, teoricamente di matrice Nokia, tipo una roba del genere. Budget ipotetico: 300 euro.
Segue sguardo malevolo. Ma come, tu che hai cambiato tre-quattro cellulari alla fine non sei andata a spendere una simile cifra? Segue risposta confusa.

mercoledì 12 gennaio 2011

SuperSmasBros Brawl: come ti mazzuolo l'amico

Il videogioco più venduto dell'epoca Gamecube su Gamecube da queste parti è stato l'indiscusso festaiolo della squadrata console Nintendo. parliamo di Super Smash Bros Melee, anche detto supersmashbrosmelee, anche detto un unico ululato con molte esse qualche p e una m.
Tra tornei con dieci partecipanti, memorabili spiegazioni del sottoscritto sulla mappatura dei tasti (si ci sono i due tasti dorsali, se vuoi usarli. Mah...), memorabili vittorie del sottoscritto e memorabili sconfitte dell'orgoglioso avversario del sottoscritto. Identikit: occhiali, sciarpa all'occorrenza, polso del judoka e sprezzantemente ingegnere. Questo post è anche per te, per tutte le volte che ti ho fatto volare con un mazza da baseball o quel bellissimo martello.

Uno scorcio di Delfinia: troppo sole da alla testa!

Il seguito, Super Smash Bros Brawl, è giunto al tuo antro con colpevole ritardo, ma non ha faticato nel convincere il sottoscritto a reinfoderare Melee. Lo sbloccabile è ormai quasi tutto sbloccato, tutti i personaggi, buona parte delle arene, chissene dei trofei e di modalità collaterali: l'importante è ora aver a disposizione tutto il possibile per i match multiplayer dei prossimi centocinquantanni.
E già si pregustano le prossime bestemmie di chi immancabilmente capita su una bomba piazzata a terra eoni prima o per il prossimo Pokèmon che sbuca dal nulla e sconvolge il campo di battaglia. E che dire delle arene invero colme di trabocchetti, catapulte, mostriciattoli, comunisti, testimoni di geova, pinguini? Uh, come dimenticare il colpo Smash, che già da adito a complessi rituali mistici (per chi ha fede) o alchemie matematiche (per chi non la ha) su come evitarlo o almeno almeno subire pochi danni.

E qui siamo a Murufuku Town, o come diavolo si chiama il vostro megaminimondo di Animal Crossing: il gufo laddietro lo avresti malmenato volentieri per tutte le volte che ti sei dovuto sorbire i suoi luuuuunghi dialoghi.

Pollice verso per il picchiaduro Nintendo che è così poco picchiaduro, ma così tanto caciara e party game. Anche perchè solo i finocchi si mettono a giocarci in maniera pro, come se fosse un King of Fighters, senza oggetti e sull'arena priva di ostacoli naturali.
Ha ora inizio l'era di supersmashbrosbrawl...



Dite quel che volete ma il trailer d'annuncio dell'E3 2006 spacca tutt'oggi i culi. Merito in buona parte del latineggiante main theme ad opera di Nobuo Uematsu.

domenica 2 gennaio 2011

Italiani-Greci: una faccia, una razza...

Promemoria per l'anno appena iniziato: tornare in Grecia. Senza impegno beninteso e possibilmente lontano dagli aggregatori per turisti come Rodi o le discoteche ambulanti come Kos, Santorini, ecc...
Il Mediterraneo di Gabriele Salvatores, Oscar nel 1992, profuma della Grecia che hai conosciuto nelle due occasioni che hai avuto di visitarla. Odora di viaggi in pullman roventi, di scogli aspri, delle candide abitazioni, di un mare che sembra così raccolto e in realtà è immenso. Lambisce la Turchia porta d'Europa, lambisce la Terra Santa, lambisce l'antico Egitto, lambisce le montagne d'Atlante, lambisce la penisola iberica, lambisce il Bel Paese, lambisce il corno greco. Mediterraneo. Graecia capta ferum victorem cepit.


Ad essere romantici forse si capisce perchè Mussolini avesse tanto a cuore questa terra così ricca di storia. Tanto da mandare nel 1941 una truppa di sbandati e disertori su un atollo dell'Egeo per un'occupazione strategica, punto di controllo delle rotte tra Dodecaneso, Egitto e Libia.
In realtà la perdita di comunicazioni con l'esterno, con l'Italia, con la guerra, a seguito della rottura della radio rappresenta la salvezza e si potrebbe dire che nel momento in cui i camerati sono abbandonati e dimenticati loro malgrado ritrovano un senso di unione, di pienezza, di comunione con sè stessi che mai avrebbero trovato nella madrepatria.
"Italia di giorno ti penso, di notte ti sogno" lo slogan pitturato a carboncino e sicuramente presto cancellato. Cancellato così anche il senso dell'onore, della disciplina militare che all'inizio tanto poteva accostare questi arditi agli eroi omerici, giunti qui a conquistare il valore sotto le alte mura di Troia e invece ecco cambiato tutto tra giochi di società, chiese da affrescare, esperienze sessuali da fare.
Salvatores lo dedica a tutti quelli che scappano, dimenticandosi di precisare da dove costoro scappano. Il messaggio del film non è forse che questi piuttosto che scappare corrono convinti tra le braccia di un destino radioso?

Pini, Fecchia, Freghieri, Barbagli e Santodio.
E il piccolo Bruno Caorso, balilla di Rimini


Dopo l'Oscar a Tornatore nel 1989 con Nuovo Cinema Paradiso, due anni dopo l'Italia lo riottiene con Mediterraneo di Salvatores. Statuetta inattesa come la prima, ma alla fine nei voti cabalistici dell'Academy il miglior film straniero è tutti gli anni un'incognita.
Va da sè comunque che tra la pellicola di Tornatore e quella di Salvatores si sprecano le affinità, per cui è evidente che il cinema americano allora si auspicava dall'Italia pellicole tutto sommato comiche (nulla a che vedere con il cinema impegnato di Monicelli o di De Sica o di Fellini), ma capaci di un risvolto poetico. Condividono inoltre i due il periodo storico, l'ambientazione (la Sicilia in fin dei conti spartisce non poco con l'arcipelago dell'Egeo), il percorso di iniziazione, di scoperta di sè e dell'altro, una certa vena di ironia e una colonna sonora di grande effetto.