venerdì 30 luglio 2010

Estate (alla larga): tecniche di sopravvivenza

Arrivano le vacanze, due settimane di dolce far niente (o quasi: quassù si fatica sempre) e mentre ogni peninsulare si prepara alla dolce vigilia con carico di buonumore, l'Autore di queste nobili pagine punta all'incazzatura.
Già, perchè a te le vacanze han sempre fatto quest'effetto: che siano due giorni o due mesi di lontananza dalla tetraplegica villetta olgiatese, ogni partenza conserva in sè un poco di dramma.
Una valigia, come già teorizzato post addietro, più spessa di imprevisti del solito, dovendo fronteggiare vuoi il gelo alpino (presunto tale), vuoi lo sciccume marittimo. La lunga teoria di cambi d'abito già allieta il lenzuolo schulziano del fratello minore, per quanto il timore di non disporre dell'occorrente per la caccia all'orso selvatico o al vetusto licaone di montagna (XD) si fa opprimente.
Ma se fosse solo di sfoderare la praticità manuale nell'organizzare il borsone da viaggio allora il problema incazzatura non si porrebbe: dopotutto hai mani temprate da millemila versioni di Tetris.
Più verosimilmente è la brama di archiviare l'arretrato a innervosire il folle oste di questa bettola digitale. Al che la mattina si è resa disponibile per terminare (almeno alla lettura essenziale) "I concetti politici nella storia" di Fra(nco) Livorsi. L'ultimo capitolo si dilunga sulla dottrina socialista di Carlo Marx e i suoi prodromi (degenerazioni o meno) sotto forma di comunismo di guerra staliniano, socialdemocrazia teutonica, eurocomunismo gramsciano e berlingueriano, nonchè capital-comunismo di stampo cinese: vuoi proprio che mentre ti confrontavi una volta di più con la messa in pratica di tale pensiero utopico, suona il campanello un "compagno" recante sottobraccio l'ultima rilegatura di "Lotta Comunista"? Purtroppo una sua cronica incapacità di squillare parole di amore e fratellanza attraverso l'etere ha impedito un proficuo scambio d'opinione, più volte tentato già con la concorrenza della ben nota religione. "Mi scusi, ma non ci interessa. Arrivederci!".

Le Alpi viste da un olandese: prima il papavero (da fumarsi) e poi gli orgogli irridenti

L'abilità passa infine alla conclusione di un congruo numero di scritti a sfondo videoludico/cinematografico. Il clima anche in questo caso si fa "surreale" essendo già gran parte della forza redazionale di Everyeye sperduta tra lidi italici, comunitari e extracomunitari. E mentre gli ultimi ingranaggi dele mese giuliense stanno per essere stretti da un prode alle prese con la videorecensione dell'unico titolo decente per quest'anno su mercato PC, il sottoscritto si dava all'eroica intervista a un manipolo d'eroi che hanno in serbo un videogioco sulla corsa degli spermatozoii. Più seriamente, si tratterebbe di Dead Space Ignition, raccolta di minigiochi incasellati entro una trama alla fumetto interattivo, che farà da prequel di Dead Space 2, secondo una moda che sta provando a diffondersi. Un'intervista ancora in fase di elaborazione da parte di chi le risposte le dovrà fornire (wiki dice che sono i ragazzotti inglesi di Sumo Digital, ma sarà...), ma già abbastanza surreale nel modo in cui è stata partorità: la calma di fine Luglio già discorsa apre scenari "lavorativi" sempre inediti.

Monetto e la centesima riproduzione delle sue ninfee, cibo artistico degli ultimi giorni

Il post sborone di qui sopra (ma solo in parte: il nervosismo è reale all'appropinquarsi della data di partenza) vorrebbe quindi chiudere il primo ciclo di interventi sul blog, ormai divenuto un pensiero costante da parte del sottoscritto, che gli ha certamente permesso di buttare giù in forma intellegibile e durevole un pò di pensieri e di ideuzze che gli frullavano per la mente.
Un quindici giorni nel luogo che fu della Giuve fino a poc'anzi, poi una Gamescom da seguire in videoconferenza (nel silenzio urbano del post-ferragosto dovrebbe essere uno spasso) e infine nuovamente in carrozza sul tanto vituperato Milano-Cannes e oltre. Minuti per trovare proposte sensate da gettare in pasto a voi ventitrè lettori (Guareschiiiii arrivooooo...) di certo non è possibboli, quindi fatevi una bella spremuta di coni gelato, farcita con tanto sole da star male, una bella proposta libraria e qualche giochillo da strapazzarsi i polpastrelli.
Non dimenticate i goduriosi editoriali di Minzolini vostro...cioè, anzi, rifrescatevi il cervello e mandatelo un pò a riposo. Meglio lasciar perdere per qualche settimana l'orco cattivo.

I frugoletti portatili dei prossimi 31 giorni (forse più...). Con una certa probabilità i migliori dell'anno per le rispettive piattaforme.

domenica 25 luglio 2010

USA: i primi 100 motivi per odiarli

La scena è tipica. Stravaccato sul divano, buio pece tutt'attorno. Orario: millequattro quasi millecinque.
Letterman sul satellite che conduce la solita intervista per il solito pubblico di grassoni, che al solito ride sguaiatamente come se il massimo della loro fast-life sia andare a Nuova York e assistere al Tonight Show.
Di fronte a lui Nicolas Cage, lì per promuovere lammerda annunciata L'Apprendista Stregone, ennesima sinergia tra Bruckeheimer e Disney, che fa film Live Action la memorabile sequenza in Fantasia con Topolino, ormai amico fraterno del direttore d'orchestra, può permettersi di giochicchiare con un paio di scope di saggina.
Sì, vero: occorre precisare che la parola "lammerda" in questo caso s'attiene al significato precedente a quello d'uso corrente da quando Yoshinori "cicciobello" Ono se ne è uscito con Street Fighter Cross Tekken al Comicon di San Diego (vi lascio al trailer scarabocchiato proprio in quella occasione attraverso AVG video).
No comunque. Letterman s'incuriosisce quando l'attore menziona l'opera originaria che risale a Goethe, appunto caposaldo letterario degli sturmers di Weimar: gli chiede maggiori dettagli sull'autore e poi se ne esce con il rammarico che pochi film sono stati tratti dalle sue opere.
La cosa inizialmente fa sorridere, poi da europeo culturalmentesuperiore capisci l'immonda vaccata e infine la reinserisci nel poverissimo quadro intellettuale americano. Che ormai pensano che Hollywood sia IL faro della cultura mondiale, che ogni libro, ogni fumetto, ogni videogioco, ogni situazione (il prossimo film di Fincher su Facebook dovrebbe far riflettere su cosa si sia insinuato nella testa di un comunque apprezzabile cineasta) possa diventare una pellicola, esportabile in ogni angolo del globo, magari marchiabile con la tecnologia 3D. No cazzo, così non è, dannati pezzenti...
Fa il paio con la gigantropica cazzata del fedifrago brizzolato, la classifica di Empire sui 100 migliori film stranieri (cioè non originariamente in lingua inglese). Ora tu odi le classifiche, forse forse non puoi convenire su determinate posizioni (ok i 7 Samurai al primo posto, ok un Ladri di Biciclette al quarto. Ma Amelie al secondo e il Labirinto del Fauno al quinto?), ma certo non sei in grado di digerire sul fatto che a ognuno dei 100 film selezionati ci si domandi se esiste, è in lavorazione o è lontanamente immaginabile un remake hollywoodiano. La segnalazione, piace dirlo per professionalità (ah sì, di chi??), viene dalla prima puntata del podcast dei Cineplegici, in cui si commenta proficuamente la top 100: si lasci al lettore la scoperta delle stronzate ordite per giustificare la presenza o l'assenza di un remake ameriggano del film in questione, perchè pare che agli americani un film straniero da gustarsi sottotitolato o con un'accento inglese differente risulti indigesto. A loro è indigesto! che si sbafano millemila tonnellate di merdosi fast food...
Giusto per una ripicca personale, volete sapere (in italiano) perchè un film a caso come La Città Incantata (decimo) non possa fregiarsi di un rifacimento USA? "Non incoraggiatelo - scrivono- 'cosa dire di fogli di carta che attaccano un drago? Possiamo forse realizzare tali armi cartacee e piazzare un drago sulla cima di un alto edificio nella downtown newyorkese?' ".
Idioti. No. Un Live Action della Città Incantata. Ma cazzo vi frulla?


venerdì 23 luglio 2010

12 cose da non fare in una notte di mezza+2 estate

Fa caldo. Novità?
E tu non sai più come riempire le pagine virtuali di questo stramaledetto blog, sempre più deciso a richiedere le ferie anticipate. Spulcia spulcia, nel mondo coloratissimo di blogger.com pare non esistano. Quindi il lenzuolo cibernetico dovrà attendere più e più giorni almeno almeno quanto l'Autore, che comunque di cose da sistemare, aggiustare, fare, disfare ne ha ben parecchie.
Ecco il veloce promemoria delle dodici fatiche di chi scrive quaggiù (voi potete chiamarlo Conte Dino), diluite in dodici meno uno due tre quattro cinque. Roba da sorpassare il primato di quella femminuccia di Ercole e pure dei consunti Asterix e Obelix nel mai dimenticato lungometraggio d'esordio.
1) la più terribile. Incubo di ogni vacanziere (esiste, esiste!), livello 99 di ogni essere umano alle prese almeno una volta con Tetris, prova suprema chemaineancheZeuscioè: le valigie o valige, una dicotomia che terrorizza anche l'Accademia della Crusca, figurarsi te che di farina proprio non t'intendi (finissimo riferimento, coglibile solo da lettori iniziati e -giusto perchè le cazzate devono avere compagnia- neoplatonici). Quelle della montagna (già si pregusta il dolce profumo degli scarpone dopo un altro anno d'invecchiamento), quelle urbane del post 15 Agosto e quelle marittime del pezzente arenatosi lungo la Cote d'Azur.
2) la più scassapalle. Rasare il prato. Quello stronzo lo hai già tagliato ben due volte da quando il termometro si è deciso di andare sempre oltre i 35 gradi. Coincidenza?
Ora la terza perchè è lungo e bla bla bla. Il genitore spiega di un circolo vizioso: se secca va bagnata, ma ehi se va bagnata cresce. La virtù puoi essere tu, il tuo tagliaerbe è solo l'estensione di mente e braccio. Ricorda: mente e braccio.
Ier sera, grazie al tacito accordo coi nuvoloni grigi, hai scampato la gratuita incombenza, ma il Sole d'esto pomeriggio invita alla gradevole tosatura.
3) gli ultimi servizi giornalistici da scrivere e impacchettare. Vanno evasi gli impegni presi settimane dietro e come d'accordi intendi sgombrare la mente dalle favole videoludocinematografiche. Anche perchè (e gli ultimi interventi sul blog) hanno dimostrato che nel corso del mese di Luglio hai fatto fuori tutte le parole annidatesi nella debole testolina.
La cosa viene ripagata e dalla sempre gradita remunerazione in natura (verdure del contadino già già) e da piccole soddisfazioni raggranellate dal tuo network. Come il trailer italiano di Tron Legacy in esclusiva per tutto il week end...
4) le domande esistenziali che attanagliano chiunque s'attribuisca facoltà di spignattare tra i fornelli, da Marchesi a Gusteau: come condire la pietanza del mezzogiorno? Sulla pasta che ci metto, patè d'olive o patè d'olive nere? Scartato a priori il sugo di radicchio e speck, estrapolato freddo freddo dal frigorifero.
L'uomo diventa più barbaro in assenza della passata di pomodoro...
5) c'è un Dreamcast giappofilo da acquistare, che quello PAL ormai si è rotto il cazzo di essere riavvitato per risolvere in modo sempre più pressapochistico il Reset. Quelli prodotti e molte leghe da qui dicono di non avere problemi di tale sorta e dicono che si pappano ben volentieri i tuoi quasi trenta videogame JAP per la macchina dei sogni. Senza l'antipastino a base di boot disc richiesto dall'ingordo collega europeo...
6) Verona t'attende. Il Maestro pure. Ma cazzo sto alberghetto lo si vuole o no scovare?
E il pensiero corre anche a Lucca.
7) Napolitano stamattina alla Cerimonia del Ventaglio (con la stampa parlamentare prima della pausa estiva. Tutti a Ponte di Legno ora! Dai Giannini vieni, non farti sempre pregare. Ti chiamo io...) stava col gomito penzolante nel leggere il suo discorso. Sciatto e accaldato, la schiena non ha voluto rispondere all'esigenza di stare ritta e così Giorgio da Napoli si è piegato alla licenziosa posa, come il liceale alla sesta ora del Venerdì.
La stanchezza si fa sentire: tutti i trenini con Fini dal Martedì passato, giusto? E allora pepepepepe.
8) Sottoelenco. I film da vedere assolutolissimamente. Il dittico Studio Ghibli con Mimi wo Sumaseba del compianto Yoshifumi Kondo (visto giusto ieri. Bello, non bellissimo: registicamente poteva osare di più. Sarebbe una bella proposta cinematografica per chiunque, ma si scontra con la pregiudiziale avversione verso cinema d'animazione e racconto di formazione, confuso ahimè con bibitoni adolescenziali e gretti amoretti alla Moccia) e il mezzo seguito Neko no ongaeschi (tra la commercialata e il mediometraggio. Si vedrà).
Poi quel bel satanasso de Il Mucchio Selvaggio, uno degli ultimi western propedeutici al tuo diploma di pistolero, il melanconico L'albero degli zoccoli di Ermanno Olmi (nome che purtroppo in qualcuno evoca coglioni afflosciati. Non è così naturalmente, flaccidi paganti di cinematografia ammerrighana).
9) Due di Bungie, ti dice il PR di Microzozz. Ma ahimè nessun dettaglio su modalità di trasferimento. Controlla il sito ATM ti fa: e grazie al cazzo.
Martedì da Microzozz in quel di Segrate (ecchè?) per testare Halo Reach. Ultimo rantolo estivo di press conference, prima che Colonia volti pagina e introduca la stagione natalizia. Ma della fiera tedesca tu potrai sbattertene, o meglio seguirla da mero appassionato.
Ritornando ad Halo puoi dire che il primo, finito un paio di giorni fa, rimane giustamente famoso per aver traghettato gli FPS su console e di aver fornito nuove definizioni al termine frustrazione. Perchè non puoi affrontare un volo col Banshee dall'altezza A (300 e qualcosa metri) all'altezza B (tra 0 e -3 metri) affrontando in contemporanea: tre astronavi come le tue che sorvelano il fottuto canyon ad intervalli regolari, un pertugio roccioso grande quanto il tuo orifizio posteriore (leggasi: assai minuto. Giusto per ridimensionare volgari battutine. Siamo signori qui...), due torrette appena oltre la cavità, un centinaio di Covenant ad attenderti e per chiudere in bellezza un'insignificante comparsa munita di lanciarazzi. Quest'ultima è anche la più stronza.
Per non citare -causa spoiler- la mitica sezione finale. Ahahahah...
10) appunto futile e inutile. Pensare alle prove universitarie da affrontare in quel di Settembre e oltre. Studia studia studia.
11) Pensare che la seconda metà di Luglio trasmette quella sensazione di totale apatia propria di solito della fascia oraria 19-20. Quella scelta dal TG3 per dire le sue cose di sinistra; puro caso.
Quella dove un giorno finisce, ma incomincia la notte. Quella dove urgono bilanci su quanto prodotto e assaporato addietro, quella dove si getta lo sguardo al futuro più o meno prossimo.
Semplicemente quella descritta nell'Uomo che Cammina da Taniguchi.
Quella in cui è sempre piacevole sedersi in terrazza con un buon libro, ascoltare musica rilassante tipo questa e guardare il sole che cala le proprie palpebre. Il profumo della natura rigogiosa fa il resto.
12) mettere il corsivo a questo post chilometrico. Non lo farò. E nemmeno immagini.

domenica 18 luglio 2010

Calda calura. Caldoro

Occhi scavati sopracciglia lisce. Un sasso guardava la ragazza, la quale caldamente non ricambia. Ipnotica la voce, ipnotica la faccia a triangolo. Silvia rimembri ancora? Eh eh? Parla in un linguaggio alieno, ma forse forse oriundo. Voce cavernosa, respiro da maratoneta. Ascolti questo ambasciatore della pietra comodo sul letto reclinato, a tuo agio nell'assurda posa voluta da Pitagora. Il quadrato costruito sul braccio è uguale a bla bla bla.
Distorsione. la vista s'annebbia. Attentato si tratta d'attentato.
L'informatore informa che le informazioni informatiche infierivano fuorvianti fino al fosforoso fattaccio. Che poi vuol dire tutto e niente. Carne o pesce? L'oste insisteteva, forse gradiva uno schiaffo sul grugno, ma al grido di 'stupiscimi' ella lo liquidava con grazia felina. E quei modi gentili e quel dar del lei, quella ciocca a elica sbucante dal suo bastimento di riccioli. Sangue, color del rosso.
La bottiglia stappata, sordo suono di sognante sapore, la pietanza esotica. Tutto troppo buono: giusto un filo meno di sale sul conto. Non s'arrabbi tenero signore.
Borsetta crema, deserto lungo lunghissimo, dune di fine sabbia abusiva, un castello gonfiabile a ridosso dell'orizzonte. Un muro invalicabile già a questa distanza, sempre che occhi occhiali binocoli telescopi non ingannano la fragile percezione del mondo del cosmo dell'edificante formicaio.

Rieccolo l'orrido feziale in pietra e cilindro. Come farà a non patire il fetore di mughetto spirante dal mare nostrum, vestrum, lorum? No, non ci vengo con te, non mi incanterai con la tua stupida Pearl Harbor.
Piuttosto prendo a perseguitare un percorso tutto mio, minacciare un sentiero, costeggiare un battistrada che patisce la disidratazione.
Saggia la ragazza: continuava a seguire il suo vago destino

giovedì 15 luglio 2010

Giolitti, Berlusconi e il governo balneare

Ci sarebbero molte cose da trattare nell'ennesima settimana senza-aggiornamenti, di come Putiferio è andato alla guerra, di come hai praticamente ridato Sociologia, di quanti caratteri hai battuto sulla delirante tastiera per altri lidi, di questo Nintendo 3DS che ora chiavi in mano ha più ombre che luci.
Ma quando pensi alla tua sanità mentale in lotta perenne con proibitive temperature e antartici condizionatori, credi che discorrere amabilmente della politique politicienne italiana di questo Luglio rovente, orfano ancora delle sparate leghiste da Ponte di Legno (i botti li disinnescano all'avvicnarsi del ferragosto), ma con già sentori di "governo balneare", solo con un pò meno della CIA e dei neofascisti del '64.
E' innegabile che i rapporti tra le parti e pure interne alle parti si fanno scottanti: per molti (le opposizioni o presunte tali) è il preludio a un rimpasto di governo o alle elezioni anticipate. E' la manovra economica a dettare tempi e modi del confronto, di un dibattito che in queste settimane assume toni stranamente più pacati del solito: Berlusconi si apre sempre più spesso a spiegazioni via ansa, discute con la sua maggioranza (vedi il vertice di ieri che ha poi "sfiduciato" Cosentino), sa che il momento è delicatissimo. Strano, visto che per tutta l'Estate scorsa non si era mica piegato alle 10 domande poste da Repubblica (che per quest'anno detta la moda coi post-it).
"Se la manovra non passa, andiamo a casa" aveva detto una volta ricevuto il grido di guerra dei Presidenti di Regione, a questo punto preoccupati per la transizione al federalismo, che comunque è già giunto al livello "demaniale". Ma questo non basta: l'ok di quest'oggi da parte del Senato fa infuriare i comuni, ma anche chi ha votato contro. La questione di fiducia posta sulla conversione del decreto ingabbia le misure di austerità, ora effettive e categoriche per tutti.
Ma il Senato è un conto, la Camera tutt'un altro: calendarizzata per il 30 corrente mese potrebbe aprire una serie di avvincenti colpi di scena, con magari questa corrente finiana pronta a votare l'autorizzazione a procedere di Cosentino, forse a bocciare i ddl o il disegno sulle intercettazioni.
Pare quindi che nel mese di Luglio ad essere al centro delle problematiche partitiche siano non tanto i partiti d'opposizione, quanto il PdL e la compagnie governativa stessa. Con Scajola, Brancher e il sottosegretario Cosentino costretti a rassegnare le dimissioni, con una certa dose di imbarazzo dei primi due, un impossibile ridimensionamento per il terzo, qualcosa si muove e quel qualcosa potrebbe condurre a un rimpasto governativo.
"C’è bisogno di un momento di responsabilità - detta oggi D'Alema al Corriere - in cui si affrontino i problemi del Paese con coraggio", cosa che "l’attuale governo non è in grado di farlo, al di là di ogni valutazione, perché non ha credibilità". Aprire a Casini potrebbe suonare come una manovra politica di un certo spessore, ma a cosa servirà? Con una Lega che minaccia di ritirarsi non porterebbe a un allargamento della maggioranza parlamentare, anzi probabilmente a maggior screzi con un Udc che ha anche lui i suoi bei punti da aggiungere al programma. Un modo per impensierire Fini e tutto il suo gruppetto?
O una maniera per avviare una stagione politica nuova, di larghe intese con al centro le esigenze del paese? Naaa...
Una nuova età Giolittiana cent'anni dopo si avvia alla conclusione o si prepara a una spinta propulsiva. Se i contrasti saranno appianati, altrimenti una crisi di governo sarà inevitabile e quindi qualcuno sarà costretto a farsi da parte. Finalmente?


click...rrrr...


mercoledì 7 luglio 2010

Pixar Files #4: quando Totoro incontra Mr. Hankey

Passeggi al chiaro di Luna, scorri le fronde di un pruno selvatico e con fare da nonno spieghi al fratello che a ben vedere non dovresti dare via tutti i tuoi giocattoli di quand'eri più piccino ad asili o centri ricreativi. Vedi, forse loro a te sono affezionati, intendono con te stare per l' "infinità e oltre".
Si inforca gli occhialini stereoscopici, il saccente, e può dire addio alla saga di Toy Story, ma intravedere il tanto sospirato Sole alto nel cielo sopra Emeryville, cittadina californiana ove sorgono gli immensi studi della Pixar Animation.
Toy Story 3 chiude l'avventura di Woody e Buzz con un lungo e dolce abbraccio al gusto di fragola. "Un abbraccio dolce e triste allo stesso tempo - parola di Nicolò Carboni nella recensione per Everyeye.it - come quello di una madre che vede il suo bambino pronto a partire per costruirsi una vita, come un vecchio giocattolo che ci osserva, un po' impolverato, dal ripiano più alto delle nostre librerie, ormai piene di tomi serissimi e ponderosi, sperando che prima o poi ci venga voglia di riprenderlo in mano".
Il film è una gemma narrativa, in cui la trama viene sviluppato con un ritmo serrato, un rispetto dei tempi comici dei precedenti due film e un comparto d'animazione a dir poco sublime (un Lightyear che parla spagnolo e si lancia in un passo a due con Jessie è da antologia del motion capture. Hay un amigo en mí). Insomma Toy Story 3 "se non è un capolavoro poco ci manca", parola del Mereghetti: cosa manca in effetti? Poco o nulla, ci sono mooolti personaggi inediti tra cui un Ken doppiato da Fabio De Luigi da oggi icona kitsch per eccellenza("non sei un giocattolo, sei un accessorio… una borsetta con le gambe" lo sfottò al tavolo da poker), un Totoro di peluche tanto caruccio anche se si rifiuta di spalancare la sua allegra boccona, un mesto pupazzo con la voce dello scrittore Faletti e così via così discorrendo. Il nucleo duro dei personaggi delle precedenti pellicole permane tra cow boy e cavalli di pezza, alieni da ufo catcher e astronauti prewalleani, tuberi intercambiabili e dinosauri arrotabili, nonchè cani a molla tuttofare.
L'unico che cambia davvero è Andy, padroncino dei giocattoli ormai in procinto di fare di tali balocchi un sol fagotto e spedirli in soffitta. O peggio alla discarica che tanto somiglia alle pendici del Monte Fato. Ma in cuor suo non sembra voler tradire le amicizie di sempre, compagni di innumerevoli giochi, a cavallo di una soffice cometa contro il malvagio imperatore Zurg (Toy Story 2), impegnato in un ammiccante western steampunk dove la dinamite collide con laser alieni (intro di Toy Story 3).
Si piange e si ride come nei migliori film Pixar, come nelle migliori commedie statunitensi degli anni '40: un'emozione generale, mondiale, intergenerazionale che si spande negli ultimi tre lustri, "in nome di un cinema - l'appunto finale del Mereghetti - che non vuole mai abdicare all’intelligenza e alla fantasia, forse perché si rivolge al pubblico più esigente e sofistico che esista: quello dei bambini".


Apre la produzione in CG come di consueto un cortometraggio ex-novo realizzato dagli studi Pixar. E' da sempre il biglietto da visita di Lasseter e soci, la migliore via per lo sperimentalismo in tecniche d'animazione concessa da questa industria cinematografica fagocita tutto.
Quando la notte incontra il giorno (Day & Night) apre Toy Story 3 e lo fa miscelando vecchio e nuovo, animazione 2d (silhouette dei due fantasmini) e 3d (scene sul fondale) avvalendosi magistralmente dei due piani concessi dalla tecnologia steroscopica. L'orgia grafica si sposa con una narrazione per immagini serrata (fin troppo probabilmente) per lo struggimento di un ammutolito spettatore. E come il giorno che incontra la notte, il matrimonio tra due pari opposti, dal manuale Pixar si legge che vecchio modo di fare disegni animati e nuovo modo di adagiarsi sugli allori informatici possono abilmente. E come? Nel punto in cui l'alba incontra il tramonto...


martedì 6 luglio 2010

Fatti e strafatti: Nagoshi-san

La domanda del giorno è come si vestiva Toshihiro Nagoshi quando sviluppava la versione arcade di Super Monkey Ball? O quando deliberava sui lisergici partygames all'interno di Super Monkey Ball 2? O anche quando si infilava per i cunicoli sci-fi di F-Zero GX?
Una maschera a coprirgli gli occhi quando convertiva Spikeout per Xbox, poco ma sicuro.
La domanda nasce perchè il buon impiegato Sega da quando segue la serie Yakuza (Ryu ga Gotoku) si è intamarrito di brutto, atteggiandosi a playboy del mount Fuji. Il suo stilista personale, che fonti ignote vogliono sia Yu Suzuki (poveretto!), ammette che la superstar del game design da qualche anno va matto per tutto ciò che un nerd/otaku pnon uò permettersi, visto il suo fisico flaccido. E così anche per conto loro fa conquista e fa sue milioni e milioni di idol, con la scusa del concorso per fighe digitali del futuro episodio della serie. Aperte le selezioni per Yakuza 2043.
Seguiamo quindi il percorso di customizzazione della nostra rockstar, il più stiloso game designer dopo Gabe Newell e ben dopo Tomunobu Itagaki che dopo l'ultima palpeggiata alla collega in Tecmo è decisamente decaduto dall'olimpo di quelli fighi della game industry.




Prima: il game designer impegnato della Sega in epoca Dreamcast. Visibilmente oberato di lavoro, vagamente lettore di Tolstoj come Mizuguchi, orgoglioso di posare accanto a una scimmia implasticata.

Si, gli ho autografato na tetta. E allora?
Io, che nerd non sono, posso anche permettermi di dire che sono flaccide quelle d'esta cozza.


Ultimo stadio: Nagoshimon. Qui con le sue puttanelle di punta. Esatto, mica ne ha solo una, come Leopold Stotch detto Butters.

Notizia del giorno. Black Panther Yakuza, il primo titolo della serie a uscire su PSP, si garantirà una bella limited edition, di quelle che i jappi hanno e noi proviamo ma nullanulla. Il nome è tutto un programma: Toshihiro Nagoshi Produce Premium Box. Eggià, in onore di sua tamarrosità, un cofanetto autografato, una copia del gioco, un astuccio per la console, un panno pulisciocchiali o qualcosa del genere e l'UMD Music di Muppet dei Rize, forse il brano nippo-metal che apre il videogame.
Questo simulacro del collezionismo scolpito a propria effige non è certo l'ultimo cadeau che Nagoshi fa ai suoi "sorcini". Il prossimo è la bambola gonfiabile di lui vestito, in omaggio a chi prenota Yakuza 5. Ora...

Pixar Files #3: Appu

Nell'Olimpo Pixar UP avrebbe dovuto rappresentare la ciliegina sulla torta a un percorso già culminato nell'intellettualismo di Wall-E e ora ansiogeno di una riprova, ma invece le avventure di un vecchio spigoloso, dello scout torello e di un cane "che parla" non hanno convinto. O meglio han convinto tutti tranne l'Autore e questa non è una novità, algido e ipercritico com'è sempre in questi casi. Dopo Golden Globe e Oscar buona parte degli astanti si commuovono di fronte alla poesia del film, ignari che essa è contenuta solo e soltanto in Married Life, meraviglioso spezzone a inizio film. Ma son sempre quattro minuti scarsi, cortometraggio nel lungometraggio. I cani parlanti, i cani aviatori, i cani chef sono robacce ignobili per una casa dal curriculum da leccarsi i baffi. Robacce per bimbiminkia scout e vecchietti artitrici, che appunto per entrare nei cinema manco ci sborsano i 10 euri.


Segue il commento scritto a suo tempo altrove, in cui ogni slancio professionale va a farsi benedire.

Pete Docter deve essere astemio. Altrimenti saprebbe alla perfezione quanto è deplorevole allungare il vino con l'acqua. Qualcuno lo definirebbe anche allungare la brodaglia, ma non è il nostro caso.
In sostanza UP è un lungometraggio che sarebbe stato più utile alla cinematografia come lungometraggio, ma poi c'è il pro...blema che i bambini non vanno a vederlo e Disney non ci guadagna un bel niente. E a questo punto, con sommo scontento, nemmeno Pixar.
Avremmo dovuto vedere i titoli di coda appena dopo che la casa del signor Fredricksen si librava nel cielo con i suoi coloratissimi bellissimi palloncini. E' lì che UP esaurisce il suo ideale di fantasia e libertà: decisamente più salutare sarebbe stato lasciare l'onore allo spettatore di volare con la propria immaginazione verso le favoleggiate cascate paradiso, che nella mente sono un luogo bellissimo, ma che nella realtà sono dominate da colorazioni sciatte e monotone.
Dopo i primi magistrali venti minuti si assiste al nichilismo completo: battutine che suscitano il fragoroso riso solo della zuccavuota seduta sulla poltrona dietro al sottoscritto (sigh), clichè disneyani della peggior specie che tirano in ballo cani parlanti, cani cuochi, cani aviatori, cani in falsetto, ecc... e un vecchio che si ricorda della propria veneranda età dopo aver corso, saltato, lottato, rincorso, circumnavigato, legato, slegato, scortato, costruito, demolito e tutte quelle belle parole che trovano conclusione in -ito (sì, pure bollito). Era senza dubbio maggiormente divertente l'humour implicito di Ratatouille o la colorata coralità di Finding Nemo, ma con UP siamo davvero a un qualcosa di vergognoso per un faro dell'odierna animazione, come lo è (giustamente) la Pixar.
Il concept è sempre e comunque originale, ma la produzione è banale e scontata. Lo stesso difetto del precedente lavoro di Docter: Monsters & Co.
"Facciamo tutto con troppa fretta" mi ha fatto notare un grillo parlante che di anni ne ha venti. Bastava giusto rileggere la sceneggiatura e tener ben presente la parola "coerenza". Poco importa se alla fine i bambini ne risultano traumatizzati...


giovedì 1 luglio 2010

Fuorilegge fino a (un pò prima della) fine

"Cosa è meglio? Dare una pacca sulla spalla a un tizio che muore di fame o picchiarlo finchè non impara a coltivare?"

Prima, durante (scorrete la rotellina in giù) e ora dopo.
Il videogame quaggiù più atteso di questa prima parte dell'anno ha goduto di un'attenzione particolare su queste e su altre pagine. Ma che dire di Red Dead Redemption ora che l'avventura è giunta al termine?
L'idea principale è che il titolo valga anzitutto come esperienza western, perchè capace di condensare in maniera egregia (e finora mai sperimentata in un videogioco) l'atmosfera dei film western, con i suoi epici dialoghi, i visi rosolati sotto il Sole, le corse a cavallo al tramonto, le sparatorie più intense.
I personaggi secondari rappresentano le più svariate facce del West, ormai al tracollo (l'anno è il 1911, un pò lontano sia dallo spirito dei pionieri sia dall'affollamento della Guerra Civile): personaggi che gli Houser dipingono con il solito cinismo, a metà strada tra la convinzione seriosa e la satira sociale. West Dickens, il generale Allende, l'insigne scienziato filo darwiniano. Dal Messico alle grandi pianure, passando per il polveroso Texas, l'intero fascino della frontiera è sublimato da un susseguirsi di incontri e scontri con questi dannati eroi, pezzenti per qualcuno: il mondo è immenso, pure troppo, ma sempre meglio godersi il suono della decadenza a lungo anzichè conoscere millimetro per millimetro di quello "scatolone di sabbia" che era l'universo del Gun di Neversoft.
A personaggi così ben pensati, inspiegabilmente i villain appaiono tutto sommato monocorde, rivelandosi solo in parte appena prima della loro dipartita, sempre dettata da ambigue leggi di gameplay. Di fatto la giocabilità di Red Dead Redemption si fa grande quando si tratta di esplorare l'ambientazione, mentre tra mira automatica e schizzofrenico level design non sembra ricordare l'emozione da autentico sparatutto arcade di Red Dead Revolver.
Questo, però, non vuole annullare l'evidente superiorità di Redemption che rivaleggia per narrazione e forza produttiva con Grand Theft Auto IV, uno dei pezzi grossi di questa generazione: in effetti, messe da parte le problematiche free roaming (grazie all'incalzare die concorrenti, va detto) e le slavature grafiche della passata generazione, Rockstar sta mettendo a segno un colpo dopo l'altro con il plauso di critica e pubblico.
"La grandiosità di Red Dead Redemption - nota la recensione di Games Village - sta quindi nel sentirsi sempre una parte del tutto, e non il tutto. Ancor più che in GTA o in qualsiasi altro sandbox finora prodotto, sono pochissime le volte in cui emerge la sensazione di precostituito": l'esperienza vivida, dotata di ritmi biologici e naturali coerenti, rammenta l'incanto del primo Shenmue, ma lo cala in un contesto tecnologico talmente d'ampio respiro da rendere superfluo seguire un png solo per vedere come spende la sua giornata. Saloon-Poker-Bordello: non ci vuole una scienza.
Quindi davvero, il lavoro Rockstar riporta in auge il genere western, ma nella forma che nessuno s'aspettava. E quindi ad oltre 5 milioni di copie vendute è lecito aspettarsi qualcosa di nuovo, magari dal grande schermo, magari da John Hillcoat...


900 di queste Milano

Visto che la cosa pare interessare al milioncino d'abitanti di una certa metropoli, per il secondo anno consecutivo ecco l'incontro tra Milano e la Storia. Contemporanea this turn, liberamente percepibile perchè vicina, mica tanto diradata proprio perchè vicina. Il Novecento, si sà, è tutt'ora la base di molte militanze e strascichi ideologici.
E pur tuttavia occorre avere "fede" nella Storia, per elargire speranza alle generazioni future, prova a pensarla l'assessore alla cultura Finazzer Flory. Sarà per questo motivo che il ciclo di conferenze/lezioni (10 in tutto) si è tenuto all'interno della suggestiva Chiesa di Santa Maria delle Grazie, sopra la cupola del Bramante, sotto il rimbombo della linea verde.
Si è partiti il 21 aprile con la Simona Colarizi e la sua esposizione attorno a Bava Beccaris e il cambio redazionale ai vertici del Corriere della Sera che porta Luigi Albertini a caporedattore (tale fino agli anni '20). Non si è dimenticato il Futurismo, nemmeno il Fascismo, figurarsi il concerto di Toscanini del 1946, gli scossoni religiosi del futuro Paolo VI, il miracolo (a Milano) economico, le perplessità terroristiche, nonchè l'avvento del polo Mediaset e lo sdegno attorno a Tangentopoli.
Quest'ultimo argomento discorso poche ore fa da Sergio Romano, eminente studioso, diplomatico d'annata ed editorialista del Corriere e di Panorama, secondo una parlantina serrata (una mezzoretta contro l'ora e passa dei precedenti colleghi), ma chiaro, ovviamente interessantissimo. Nessuno certo ne dubitava!
Vale la pena soffermarsi due secondi sulle parole di Romano, la cui esposizione era alquanto attesa visto la complicanza politica non da poco. L'insigne è stato oltremodo padrone di sè: a suo dire Tangentopoli ancora non è finita. Con un Presidente del Consiglio che vuole assolutamente ostacolare l'agire della magistratura (come? A voi scoprirlo...). Con una magistratura che ha come massimo obiettivo quello di fare le scarpe al menzionato capo del Governo. E con un'opposizione che lascia ampio potere agli uomini di giustizia non avendo un adeguato programma giudiziario. "Buonasera". Botto, stamminchia!
C'è poco da fare, con una città patria di tre -ismo, futurismo, fascismo, giustizialismo, nota Romano, Milano non può che essere al centro delle vicende italiane del secolo scorso, in un dai e prendi inesorabile e non sempre buonista. Da qui partono più o meno tutte le tendenze storiche nazionali: il fascismo si esibisce nel capoluogo lombardo già nel Maggio 1919 con l'attacco alla sede dell'Avanti, per poi dilagare nel resto della Penisola e rientrare nei confini meneghini solo con il disperato appello di Salò. Come virtù e vizi del consumismo tricolore, del boom economico, del frigorifero e della casa in Liguria. Come i progetti eversivi del terrorismo nero in Piazza Fontana, nonchè il goliardico giustizialismo di Porta Vittoria.


Qualcosa inizia a muoversi. Con il qui presente post De Re Ludica acquisisce il suo primo main sponsor. L'azienda riempirà le pagine di codesto blog con banner askippabili e pubblicità pervasive. Ma non preoccupatevi, ci sarà da guadagnare per tutti.
Ecco, lo sponsor è la Schweppes Cola, 33 centilitri di puro ribrezzo, sornioni predatori del malcurante pendolare di Porta Garibaldi. Forse acqua tonica (lammerda) al gusto di cola (lammerda ammerrighana).
Psssss, è buonissima...