venerdì 14 ottobre 2011

Cowboy contro alieni contro Puffi

Chi ha mai detto che gli alieni dovrebbero preoccuparsi solo del mondo a noi contemporaneo, attaccatori dei cieli nordamericani, svolazzatori del deserto nevadese, spietati cattivoni dei novizi sogni spielberghiani? O ancora chi ha mai detto che debbano cooperare cogl'antichi civili a costruire ziggurat, piramidi, complessi megalitici? A che pro d'altronde?
Perchè non potrebbero nella finzione cinematograficissima squarciare i cieli del vecchio West, richiedere succo di cactus al Saloon, giocare a poker con lo Sceriffo, rapinare fianco fianco ai fuorilegge una bella diligenza, comunicare a segnali di fumo con i pellerossa? Si può, si può.
L'idea – semplice ma convincente – è venuta a quel marpione di Scott Rosenberg, paparino dei Platinum Studios di Los Angeles ed è infine diventata Cowboy & Aliens, graphic novel sbrilluccicosa.
Un gigantesco disco volante atterra di fortuna e sconquassa l'arida prateria. Ne escono – toh va – palestrate mostruosità verdi che lesti sforacchiano a suon di laser altrettanto palestrati indiani. Ambiscono – toh va – a conquistare il nostro pianeta. L'idea si è così trasformata in un viscido fumetto di consumo, disegnato e colorato malamente. Ne sarà un videogioco Gameloft contuttoquellochenederiva e sopratutto un imminente film di John Favreau (quello dei due Ironman), Harrison Ford (quello dei quattro meno uno Indiana Jones), Daniel Craig (quello dei due peggiori James Bond di sempre), il bracciale alieno di Daniel Craig (per la prima volta sullo schermo cinematografò) e Olivia Wilde (quella – gnocca – rossa in Dottor House, mora in TRON Legacy, bionda in Cowboys and Aliens).
Esce oggi sullo schermo cinematografò, giusto per sottolineare l'attualità e la tempestività d'informazione del suddetto blog. Per spirito democratico segue il trailer e l'opportunità di giudicare da voi stessi la valelapenità di cotanta produzione cinematografica, che comunque le ha già prese in terra natia da un altro cinefumetto, tal Puffi 3D. Il destino alle volte...


L'illusionista

Pensate al più bel film di animazione che abbiate mai visto. Forse è un classico Disney come Il re leone o Robin Hood, forse è un film Pixar tipo Toy Story o Wall-E, può essere una perla Ghibli tipo Totoro o Mononoke, o ancora una commedia Dreamwork del tipo Kung Fu panda o Shrek. Qualunque sia la vostra scelta, ben ponderata senz'altro, nessuno avrà la poesia o la genuinità de L'illusioniste di Sylvain Chomet.
Animazione classica francese lo diciamo sin da subito, non per tutti i palati, con un ritmo non sempre elevato (la vecchietta a fianco a me nella sala di proiezione s'è addormentata e s'abbandonava a letargici sbadigli).
Ma qui finiscono i difetti. Anni '50, uno smilzo illusionista soffre la concorrenza di altre forme d'avaspettacolo quali rock'n roll o acrobazia. Anzichè piangersi addosso impacchetta valigia e coniglio nel cappello, se ne va in Gran Bretagna e finisce a Edimburgo. Condividendo l'alloggio con una curiosa ragazza e altri "fenomeni da baraccone" decaduti come lui (un ventriloquo ubriacone e un clown prossimo al suicidio), cercherà altri lavori per risollevare le sue magre finanze.
Chomet riprende in mano una sceneggiatura rimasta nella scrivania di Jacques Tati e la trasforma in un immenso capolavoro animato: suoni risicati, doppiaggio praticamente assente se non convulsi mugugni alla Mr. Bean, comicità ben realizzata e discreta alla Tintin. Disegni allo stato dell'arte, talvolta usa la Computer Grafica in barba ai boriosi tradizionalisti (parallelo con Tonari no yamada-kun di Takahata) tavole dettagliatissime e fondali idilliaci: l'acqua è entusismante, non si vedeva così bella dai tempi della Città Incantata.
Il finale è commovente: una musica struggente si trascina per una decina di minuti mostrando l'epilogo dei vari personaggi fino a sfumare via via. Chomet mette il punto ma celebra pacatamente un nuovo inizio, un desiderio di andare avanti nonostante i tempi cambiano. Si canta nel brano del film: "Passe, passe le corps s'efface, mais le.... Quand vient la dernière valse, on se voit roi hélas. On triche, et de guerres las, un jour on laisse sa place". La possibile traduzione la lasciamo al vostro intuito e...im-maginazione!