venerdì 28 maggio 2010

Il West di Gianluigi Bonelli: all'ombra della Madunina!

Clop clop. C'è un pò di tutto in via Antona Traversi, località Quarto Oggiaro. Che per semplicità di spiegazione chiameremo il Vecchio West.
Il mercato rionale abbandona dietro di sè casse e cassette, bucce e boccioni. Ma, iha, un colpo di redini e il tuo destriero guarda oltre, volge lo sguardo fronte a sè e, cloppete cloppete, prosegue il suo ancheggiare. La macchina da presa gli fissa il posteriore, il dinoccolarsi seducente delle natiche, poi curva di novanta gradi, ne accompagna il lento svoltare. Poi ancora il culo. Il cielo è luminoso, azzurro, radioso.


Finalmente arrivati: un treno e un isolato più tardi eccoti a rimirare la targa tanto attesa. "Giardino Gianluigi Bonelli Fumettista ideatore di Tex Willer 1908-2001". E sei contento. Già perchè perbacco un milanese così famoso, il fumettista più conosciuto in Italia, un artista che ha nutrito e curato il proprio ranger "indiano tra gli indiani" con amore filiare fino a quando non si è addormentato per sempre nel 2001.
Così la città di Milano gli ha dedicato un giardino, un cortiletto privilegiato, a imperturbabile memoria per i presenti e futuri fans del buon Tex. L'idea è partita dall'attuale assessore alla cultura del capoluogo lombardo: "Nel centenario della nascita del fumetto in Italia e di fronte alla prossima apertura della Casa del Fumetto in viale Campania è bello e utile ricordare questo milanese, padre fondatore del fumetto. Un artista che ha disegnato storie per tutti e segnato per sempre il nostro tempo".
"Sotto un sole cocente, che esaltava i colori del prato e delle piante che popolano il giardino - si legge sul sito della casa editrice di Tex - venerdì 21 maggio è stato inaugurato ufficialmente il nuovo parco cittadino dedicato alla memoria di Gian Luigi Bonelli", raccogliendo a sè i grandi fumettisti che ancora si accalcano nel perpetrare il mito bonelliano: Sergio Bonelli, Giorgio Bonelli, Mauro Boselli e Alfredo Castelli.


Il parco in sè è discreto, caldo, ma ordinario, buono per fare dieci metri col proprio cane al guinzaglio. Ti sei soffermato un'oretta a leggere, respirando una genuina aria primaverale, mentre di fronte a te il Sole sconfiggeva a colpi di pistola le nuvolacce grigie. Bang bang.
Piuttosto ti han colpito quelle tre palme: chissà come son giunte fin qua, chissà da dove vengono, ma ti piace pensare che una vita fa fornivano un pò d'ombra ad affaticati pistoleri, in viaggio tra la Monument Valley e l'immenso Pacifico.

giovedì 27 maggio 2010

L'allenatore che veniva da Oriente

Eccezzionalmente si parla di calcio, ma non fateci il callo. A breve ci sono i Mondiali e potrei riesumare l'argomento solo in caso di vittoria italiana. O giapponese.
C'è anzitutto la tripletta dell'Inter che quest'anno ha davvero raggiunto dei risultati impensabili. E non me ne vogliano i giocatori nerazzurri, ma dietro i tre tituli c'è il solo nome di Josè Mourinho.
Arrogante, pirla, gliene hanno dette di tutti i colori, i giornalisti italiani, ma in verità ha imbrigliato tutti quanti. E ora ad ogni angolo qualcuno si dispera per la sua partenza, sul sagrato della Chiesa, al bar, di fronte a un grafico di Microeconomia (o qui la disperazione la si deve a qualcos'altro?).
Ma lui va, cosa resta a fare: "Calscio italiano? A me non piace, io lo dico". E dove andrà? A Lourdes per le "apparisioni"? ironizza Crozza. A Betlemme per ritornare alle origini? ironizza Bertolino.
Certo, il più lontano possibile da Balutello...
Ma scopriamolo insieme con l'ausilio della lavagnetta il miracolo mourinhano.

Trentacinquesimo minuto, 22 Maggio. Julio Cesar da inculoailupi rinvia la palla, Milito la intercetta alzandosi in volo grazie ai razzi propulsori, rallenta il tempo e la schiaffa sui piedi di Sneijder, la riappoggia all'argentino che segna. Ok, talento cristallino: ma la provvidenza, che per brevità chiameremo qui Josè Mourinho ha fatto in modo che ci fosse una situazione in cui due attaccanti beffano alla grande quattro difensori più portiere. Della seconda squadra più forte d'Europa.
Ma tu la partita grazie al cielo manco la hai vista e il campionato manco lo hai seguito con attenzione: alla fine però in Italia tutti sono allenatori...
Ve ne accorgerete ben presto.

De Re Ludiceye

C'è un pò di tutto questa settimana sull'Occhio che porta la tua firma, tre succosi speciali che non attendono altro che essere letti. Due peraltro sono parti plurimensili, scritti con una certa fatica, pensati in maniera conatosa, ma alla fine portati comunque alla luce. Ecchecazz, la professionalità anzitutto.
Ma dai, per una volta facciamo sto strappo alla regola e presentiamo i manoscritti di tuo pugno, quelli che pretenderebbero di avere una serietà maggiore di certe rigacce quaggiù. Embè:

Isao Takahata E' la seconda parte (la prima non ve la linko, dipendenti pubblici che non siete altro) dell'astuta biografia ragionata (si dice così quando non trovi un cazzo di informazione sulla vita dell'uomo in questione) di Isao Takahata, che "in Italia mica è un perfetto sconosciuto. Per il pubblico di anime-fan egli è il 'regista di Heidi': niente male se si considera la disarmante latitanza di certezze tra i cultori del genere". E poi lo ritroviamo nello squisito quadrangolare Pompoko-Tomba per le Lucciole-Omohide Poro Poro-Tonari no Yamada-kun, tutti tutti ben sviscerati dall'occhio critico di chi scrive. Per completezza di informazioni occorre dire che l'Autore indossa occhiali da vista, il che a volte lo conduce a fantasiose analisi di pellicole cinematografiche.
A la page troi una ispessiti intervista con il saggista Mario A. Rumour, che poichè qualche hanno in più di te lo ha gli hai sempre dato del lei in tutte le mail scambiate. Non hai mai ceduto a trattarlo da tuo pari e questo t'illumina d'immenso. Achievement unlocked!

South Park - Stagione 13 Più o meno quando scrivevi quel post sull'offerta televisiva della Domenica sera (che tu, ci tieni a dirlo, quei tre programmi li guardavi in contemporanea!), depositavi nella casella mail di chi di dovere la recensione della tredicesima stagione di South Park. Poi divenuta, causa lunghezza, uno speciale, senza voto, senza turbe: in realtà la sforbiciata è stata assai d'impatto, condotta a più riprese per snellire un testo fin troppo sconfinato. Il risultato si può dire apprezzato (per quanto qualcheduno ritenga l'Autore un perfetto stronzo, troppo cinico in certe sue critiche), ma rimane lo scetticismo di chi scrive nei confronti della possibilità di sviluppare una matura critica televisiva, perchè il mezzo è troppo volatile, troppo generalista, troppo ampio per poter essere scomposto in maniera quanto più oggettiva possibile.

Aggreghiamo infine un bonus track, una scena tagliata, dalla recensione di qui sopra: eliminata in post produzione, quando si cercava di incastrare il 3D. Si è poi preferito eliminare tutto quanto, perchè a noi le merde ci piacciono così. Al naturale!

Al centro degli impegni politici americani, però, vi sono anche le questioni internazionali, che in South Park sono sempre state protagoniste di surreali puntate. Questa tredicesima stagione non è differente: in “Pinewood Derby”, Stan e suo padre costruiscono una automobilina in legno da competizione, impreziosendola di un illegale “magnete bipolare e superconduttore” in fase di studio in quel di Ginevra: pare che “la principessa Leila Organa di Alderaan” si sia intrufolata nel centro ricerche e abbia sottratto il potentissimo artefatto. Il giorno della gara l'automobilina supera tutte le altre, schizza al di fuori dell'edificio e si incunea nello spazio profondo: finisce per intercettare una astronave aliena, ora diretta verso la Terra. I leader mondiali sono in fermento e si mettono in contatto con la cittadina di South Park, luogo dell'impatto. A bordo del velivolo gli abitanti della Terra trovano un cospicuo gruzzolo di denaro spaziale: “sono di tutto il pianeta – sbotta la teutonica Merkel – i soldi spaziali appartengono a tutti noi”. Le trattazioni con i leader mondiali per la spartizione del bottino si protraggono a lungo (il Giappone preme per poter costruire nuovi robot giganti, il Messico in meno di una settimana erige quattro nuovi parchi acquatici e la Finlandia, che vuole spifferare tutto alla polizia spaziale, viene distrutta dalle altre nazioni all'unisono. “Oh no, poveretta”), sino all'inevitabile epilogo in cui la polizia spaziale condanna l'avidità e la bramosia terrestre escludendola per sempre “dal resto dell'universo”.


Avatar e... che altro? Beh, lo scoprirete nella prossima puntata, o meglio nella continuazione di questa. Si parla in maniera agevole di tecnologia, di Apple e IPad, James Cameron e Avatar, si pensa che ogni tecnologia non debba essere sfruttata sino all'inverosimile, ma in maniera oculata e intelligente. Tante grazie: leggetevi quanto si dice su Na'vi e compagni per capire che non sono semplificazione. E questo vale non solo per cinema e videogiochi: ecco...

domenica 23 maggio 2010

E' andata proprio così...



da Malena (2000), di Giuseppe Tornatore

In sintesi: vita

E dunque la suprema domanda: che cosa è (ora) la vita?
L'ultima sfida, l'ennesima provocazione, il voltar spalle all'etica di Craig Venter si chiama Mycoplasma mycoides JCVI-syn1.0. Cioè sarebbe sta cellula completamente sintetica: la novità grandiosa è che "il Dna non viene estratto da nessuna parte, ma viene sintetizzato chimicamente, nucleotide per nucleotide, a partire da una sequenza immagazzinata in un computer e lunga più di un milione di nucleotidi", prova a spiegare Edoardo Boncinelli da pagina 3 del Corriere lo scorso Venerdì. Al confronto con l'organismo umano tale cellula è poco più che uno "sputo" di vita, un milione di "lettere" contro i 3,2 miliardi; eppure Craig Verter, il paparino di Mycoplasma mycoides si pavoneggia, parla di un miracoloso successo, "una svolta scientifica e filosofica. Da oggi cambia il punto di vista sulla definizione della vita".
Troppo semplice, mio caro troppo semplice: è vita un oggetto pensato e messo in moto apposta per essere comandata a bacchetta? E' vita un oggetto sintetizzato da una macchina, studiato minuziosamente nei dettagli, nucleotide per nucleotide? Il teologo Bruno Forte ha altre domande: "sarebbe giusto, per ipotesi, fabbricare un essere umano disponendone a priori? Non ne sarebbe compromessa la dignità umana?". Un Golem, ecco cosa ne verrebbe fuori, un abominio, capace solo di ribellarsi al fragile e debole padrone. Qui non si parla più di scienza, ma di smania d'onnipotenza, di scarso apprezzamento per te stesso da voler superare l'essenza umana in una spirale vertiginosa e certamente maldestra.
Vorremmo tanto sdrammatizzare, riderci sopra e pensarla con lo scrittore JG Ballard che dise una volta: "non ho obiezioni riguardo alla clonazione. Neanche nel caso degli esseri umani. Siamo tutti così inevitabilmente simili, in fondo".
Già, ma quanto simili?


domenica 16 maggio 2010

Teleindipendenti

Televisione. Informazione, serie tv, intrattenimento.
E' davvero il massimo contenitore per ogni prodotto della specie umana, oppure molto meno? Molto molto meno? Cioè, nel piccolo schermo passa tanta di quella roba che è così complesso scindere la merda dalla cioccolata, individuare qualcosa di realmente meritevole, non so un telegiornale professionale e (per quanto possibile) imparziale, un format d'intrattenimento ben congeniato, una serie tv vivace e non derivativa.
Dunque, esistono (de gustibus non disputandum est) tutte queste trasmissioni? No di certo, troppi telespettatori, troppe audience, tanti target, come puoi fare in modo di omaggiare tutti questi con programmi della medesima qualità?
Una televisione deve fare alta cultura o basso umorismo? Ma sopratutto quando lo deve fare, di mattina o a tarda sera la prima, e per il resto il secondo (tiggi compresi)?

Vediamo un pò il palinsesto dello spettatore domenicale: dunque pranzo dalla suocera (pollo ossuto e vino-aceto), partita al bar con i baffuti compari, quattro giri dell'isolato con la moglie giusto per far vedere ai vicini che va tutto a gonfie vele, cena parca (meglio i buchi allo stomaco degli avanzi della megera!) e poi il relax serale. Dieci anni fa si vedeva Mai Dire Gol con la Marcuzzi quando ancora non era un cavallo. Ma questo tempo è oggi finito: in ordine assolutamente casuale, tanto si intersecano tutti e tre:

- La Pupa e il Secchione: non si parla d'altro, è il numero due di un reality aberrante, ma tutti trovano ragione per dialogare di questo e di quello. Gli omini naturalmente mettono in scala le vette più alte del mondo, mentre le donne (chi le capisce) si fissano sulla pelata di chimici e ingegneri, la cui unica colpa (dei chimici, con ovvietà) è quella di conoscere a memoria ciascuna riga di Guerre Stellari. Sarà vero?
Il ritorno di sventola e camice è quanto di più patetico, artificioso, meschino possa architettare la tivvu di quest'oggi. Più di qualsiasi grande fratello, dove lì almeno si ha la certezza di stare facendo un programma di merda che butta fuori dalla casa da dieci anni il senno degli italiani (e non solo...mal comune...).


- Crozza Alive: su queste pagine più e più volte abbiamo citato la copertina che Maurizio Crozza tiene ogni martedì all'apertura di Ballarò. Diverte dopotutto, a sprazzi. E poi ogni domenica la simpatica La 7 gli concede due-tre ore per portare un pò di riso. E forse ci intravedi della satira.
Beh, dispiace che programmi di questo genere siano confinati a tarda notte o addirittura assenti dai palinsesti, perchè sono comicità intelligente, certamente ideata con più sforzo degli indigesti slogan di Zelig o di Colorado (slogan quali slogan...?).
Così tra un Napolitano costretto a sorbirsi gli strilli mattutini dei Feltri, dei Mauro, dei Travaglio, un Bersani a prova d'idiota, un (s)fortunatissimo Re Umberto e il figlio Trota nella "saga padana" Excalidur, un architetto-designer-lifestylist-artcreator Fuffas (quest'oggi seriamente intenzionato arisolvere il problema dell'illuminazione di grandi metropoli invitando nottetempo nove milioniditriliardi di gatti e ghiri), c'è un curioso spaccato di una Italia a suo modo simpatica, comunque gioviale.


- The Pacific è il "gemello" di Band of Brothers, prodotto da Spielberg e Tom Hanks. La serie televisiva più costosa mai prodotta, mica bruscolina. Racconta il fronte del Pacifico, l'offensiva statunitense del 1942, dalle Isole Salomone a Tokyo, passando per le infernali Iwo Jima e Okinawa. E' un serial competente, ben diretto, cupo come il carboncino che disegna i titoli di testa (quasi come una vecchia stampa giapponese), eppure immune a una certa retorica patriottica.
Ogni domenica su Sky Cinema vengono trasmessi due episodi e comunque la serie è ben lungi dal concludersi (almeno nella messa in onda italiana, di un paio di mesi più indietro rispetto a quella statunitense), ma ugualmente lascia riflettere su cosa chiedere e cosa deve essere una serie televisiva. Non un film, non un documentario, non un pezzo di cronaca, ma un prodotto coi suoi tempi e i suoi clichè registici: si tratta di progetti molto seguiti dal pubblico, ma purtroppo altrettanto costosi. Giorgio Buscaglia dell'emittente nazionale Rai Due qualche giorno fa ha ammesso tale difficoltà, che porta a un consumo spropositato di produzioni americane: "con una puntata di Coliandro ci compriamo 12 serate di NCIS".
Visto? non si possono sfornare continuamente The Pacific, ma è bello ogni tanto affacciarsi al piccolo schermo e vedere qualcosa che non puoi ammirare altrove. Dai, non tutto è da scartare. Come il maiale...


sabato 15 maggio 2010

L'interminabile caccia alla spigola

"Luccica lì, sul fondo di sabbia, la freccia inutile. La spigola passa lenta, come se lui non ci fosse, quasi potrebbe toccarla, e scompare in una zona d'ombra, nel buio degli scogli".
Circondato dal mare azzurrino del golfo napoletano, un disteso mattino d'Estate, eccola lì, incurante, che ti nuota attorno. La Grande Occasione Mancata.
La spigola, ora lo capisci, si identifica con Carla Boursier, amata, tradita, abbandonata: "eccola di nuovo seduta sul letto pettinandosi, per sempre lontanissima, che tenta di superare l'imbarazzo. Lui la guarda mentre lei si pettina i capelli raccolti sulla nuca, bionda come coda di cavallo oscillante - luminosi come sulla spieggia nella notte di Capodanno! - lui senza vita e un sorriso umiliato che copre il desiderio di morire. [...] Lui, solo, con la Grande Occasione Mancata". Ancora una volta a un palmo di naso, l'anguilla montaliana, il riscatto, la più preziosa boccata d'ossigeno.
Ferito a Morte (1961) di Raffaele La Capria non è un libro da leggersi a cuor leggero, la prosa è scattante, agile, frutto della sua, osserva Geno Pampaloni, "nettissima, fulminea capacità visiva". Il miscuglio di diversi stili narrativa, prima terza persona, diretto indiretto, indiretto libero, acuisce il sentore artistico, di quello che è un libro che vive di istanti, di memorie, piuttosto che di un periodare lungo, raffinato, una trama ampia completa coerente. E' invece, e La Capria lo muta dal fervore internazionalistico del dopoguerra, un continuo flusso di pensieri d'omaggio joyciano, infinito, che percorre in avanti e indietro la linea del tempo, per poi appiattire il ricordo con l'avvenire: "il personaggio si rinfrange - ancora Pampaloni - negli infiniti, inquieti soprassalti della memoria, è la coscienza del loro ineguale e vorticoso durare; e gli dà unità". Così facendo "dolcezza e crudeltà finiscono con l'identificarsi, così come il tempo si riduce a una dimensione tutta uguale".
Tra i due spunta, pare, quella futura, la partenza per Roma, filo conduttore (forse) del romanzo, ma l'ultima pagina è drammatica, un arresto, un abbandono, segno dell'ineguagliabile arrendevolezza. Fugge per sempre, la Grande Occasione Mancata?
Nel punto in cui i molti personaggi, dilette macchie di un modo di vivere tutto meridionale, si oscurano dall'ingombrante eredità partenopea, La Capria introduce l'altra parola chiave. La Foresta Vergine. Un affresco rigoglioso di un malessere perturbante, freudiano.
Per Carlo Salinari forse una immagine "eccessivamente romantica", ma nemmeno poi troppo, certo inaccessibile, una ferita incurabile, un male secolare. Napoli è per l'autore del romanzo "una città che ti ferisce a morte o t'addormenta, o tutt'e due le cose insieme", se non peggio: una leggenda, per cui i napoletani "pagano anche per gli altri napoletani la colpa di aver fatto di se stessi una leggenda. Di sfruttare questa leggenda. Di crederci, di nutrirla con la propria vita. Di cercare in essa l'assoluzione di ogni condanna". Ed è il La Capria saggista e giornalista a prendere la parola, a interrogarsi sullo scempio paesaggistico, sul senso di trascuratezza, sulla vita osservata da un tavolino de bar, e ti passa davanti con la borsetta e il vestito a fiori.
"La storia, la stessa storia meschina continua. Baroni re e vicerè - e ora questi altri, seduti al ristorante, si sentono sotto il culo un sufficiente numero di piani arbitrariamente costruiti: ciò li rassicura, la storia non muta, e stimola l'appetito". Prova a prenderla, prova ad agguantarla, alza le chiappe dalla sedia: niente da fare, cenere e polvere. La Grande Occasione Mancata.

martedì 11 maggio 2010

Essenzialmente redenzione

Carino nella prima parte, dal seppia al technicolor, poi derivativo e asincronico rispetto a quanto rievoca la musica, nientepopodimeno che l'Estasi dell'Oro, composta da Ennio Morricone per la colonna sonora de Il Buono, il Brutto e il Cattivo. Film ovviamente di Sergio Leone.
Il video è un montaggio realizzato da un utente di NeoGaf, che, alla notizia di una sua comparsa su queste pagine, preferisce rimanere anonimo: è certamente curioso notare che, mentre il sottoscritto si aggroviglia nello scandagliare la filmografia di John Ford, d'oltreoceano si mangiano le dita al solo pensiero di uno spaghetti western. Della serie, forse siamo nati nei posti sbagliati? O forse, per quanto concerne l'Autore, forse no...
Al video, per i profani di Red Dead Redemption (seguito di Red Dead Revolver che l'unico lettore ha imparato a conoscere bene, comesidiceinquesticasi a mia insaputa...), non occorre aggiungere altro se non che il titolo esce il 21 Maggio, una settimana e una banana oramai.
Ehi un momento - fa una voce fuori campo - tu, maledetto perdigiorno, il 21 corrente mese avresti un esame. Non hai tempo per fantasticherie wildwestiane.
Zitto tu. Primissimo piano e poi bang. Tuturuturutu.


giovedì 6 maggio 2010

Ma chi ha pagato la casa?

E' più o meno la battuta della settimana. No, non dell'anno perchè qualcuno certamente qualcuno saprà superarlo in comicità.
E diamine con una simile concorrenza, i comici patiranno la fame e il freddo nei prossimi mesi.
Perchè uno che allarmato se ne esce con una dichiarazione del genere: "desidero acclarare chi mi ha pagato casa mia", chi ha messo quel mezzo milioncino a sua insaputa. Già chi? Chi? Quei giudici comunisti han subito individuato un poveraccio, un imprenditore, che forse gli ha messo i soldi mancanti: in effetti sembrava strano che una vista Colosseo fosse così a buon mercato. Ma d'altronde io so ministro, figa, so furbo...
E poi le insinuazioni della stampa: Travaglio subito ad accusarlo, poverino come farà ora a guardare il Grande Fratello sul 42" senza avere i sensi di colpa per quella tv pagata da chi. E quel vaso Ming, chi me lo ha portato? Il lavello? La fotografia della nonna? Ma è veramente la nonnetta oppure qualcuno a mia insaputa me lo ha fatto credere?
E al ristorante: non si preoccupi la cena gliela ha pagata quel signore lì, vada pure...
Dimmi dimmi: perchè vuoi vedere che qualcuno senza dirmi niente mi confisca la casa e forse mi sbatte in prigione?


lunedì 3 maggio 2010

Ad Aristotele piace questo elemento

Il filosofo di Stagira per certo non era una sprovveduto. La chiara distinzione tra potenza e atto domina tutt'oggi uno schematismo attraverso cui interpretare la realtà. Ma piano, è il cinquantesimo post che questo perdigiorno getta sul blog e per certo non intende fare il saccente imbolsendo l'uditorio (...) con astruse citazioni e disserzioni sulla filosofia, che francamente... Du palle Ecco...
Piuttosto il concetto di atto e potenza si ben chiarifica se pensiamo alla moda del momento, Facebook. Nato come una semplicerrima bacheca interattiva, un versione digitale delle calamite appese al frigo, si è trasformata in un consultorio micidiale, una inondazione biblica di freddure ignobile, citazioni da libri/film/poemi/poesie totalmente futili perchè estirpate dal contesto cui fanno riferimento, programmi di eterna amicizia e di amore twilightizzante. Bleah!
L'utilità di poter con facilità organizzare avvenimenti, riunioni, congressi con amici e conoscenti crolla di fronte all'avanzata prepotente di gingilli inutili e cincischianti. Dunque un ottima funzione in potenza, ma che, come al solito, l'utenza è incapace di utilizzare coscienziosamente. La disarmante semplicità di tale social network ha purtroppo invogliata molti digiuni di internet e web 2.0 a cimentarsi con questo sito così chiaccherato: ora è qualcosa di totalizzante, non disporre di Facebook significa l'emarginazione dalla comunità civile. Ironia della sorte: fino a qualche anno fa chi si cimentava con il computer e provava a scoprire a fondo i vantaggi della rete era uno sfigato, un nerd, un asociale. A quanto sproloquiare porta la paranoia!
Ora i ruoli si sono ribaltati e difatti devi giorno per giorno, pubblicamente, taggare orsacchiotti alla propria amata/o, nonne baffute al proprio amico, esprimere sentenze sul cono al peperoncino assoggiato poc'anzi con la Tatti, beccare un (credo inesistente) esposto pacifista di Machiavelli, cercare insegnamenti morali da Dawson's Creek.
Più dell'eloquenza cosa c'è? L'ignoranza.
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