lunedì 13 settembre 2010

I miei prossimi cinquanta cafè amari

Non si può dire che non te la sei andata cercando, come direbbe il senatore salvo poi nascondersi dietro uno scudo di bucatini all'amatriciana.
Perchè a secco da troppi mesi di un'abbonamento editoriale (Game Pro te lo hanno chiuso quasi dodici mesi fa dall'oggi al domani) tu evidentemente non puoi stare. E se della stampa specializzata negli argomenti a te congeniali credi di poterne fare tranquillamente a meno, forse è ora di fare il grandicello e pavoneggiarsi con i giornali d'adulti.
Che ahimè non si concretizza con un dodici mesi in compagnia di Playboy, GQ, Max e quanti altri fanno svolazzare la testa ai lettori con mooolto testosterone (probabilmente parenti e conoscenti guarderebbero il ventenne con occhio critico, clinico e sospetto), ma in cinquanta e poco più copie de L'Espresso.
Già, quel giornale fondato da Scalfari negli anni cinquanta, con belle fotografie, stampato su bella carta. Che è quel periodico di informazione da cui si è staccato il costolone di Repubblica: ergo forse poco incline ai tuoi apprezzamenti politici.
Ciononostante la lettura degli ultimi due numeri propongono un giornalismo pacato, d'inchiesta, attento ai dati e non ai favoleggiamenti di Ezio Mauro e soci. Disposto a provocare quanto basta, disposto a passare sotto la lente d'ingrandimento i personaggi della politica, dell'economia (sembra che in queste settimane ce l'abbiano su con Marchionne), dello spettacolo, dell'arte.
Quindi è vero che si possa fare giornalismo competente senza per forza di cose barricarsi dietro a fascismi e comunismi, ghettismi, tecnicismi, e tutte quelle parolacce che finiscono con ismi.
Il che, di questi tempo da guerriglia giornaliera, è cosa positiva...

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