mercoledì 8 dicembre 2010

Un mondo visto da un autogrill

Una delle poche costanti della sua vita. E ora lo stava fissando, ne era imbambolato. Il piatto che gira, il fascio luminoso che rischiara l'interno, le micro onde a ripetere il quotidiano miracolo: il panino, pomodoro e salsa rosa, da molle e posticcio acquistava tutt'altra fraganza, tutt'altra sonorità.
Non è che sapesse fare bene i conti, nè aveva prestato mai particolari attenzioni a questo affare spinoso delle addizioni, ma la busta pagata - notoriamente misera - non fletteva mai: 3 anni e 4 mesi in quel buco della Milano-Venezia. Direzione Venezia.

Pensateci tre anni e quattro mesi di pomodoro e salsa rosa ogni giorno, ogni giorno sabato domenica e festivi. Giorno libero il martedì. Ogni giorno il microonde a riscaldare quel pasto già masticato da una mattina di caffè, cappucci e tramezzini, già degluittito da chiassose lamentele e strillanti onomatopee.

Dietro il bancone e davanti una vetrata, l'oblò che non guarda il mare ma lo stormo di migranti, imprenditori, viaggiatori, con le loro vecchie Passat cariche di valigie, di giochi d'infanzia, di gabbiette per animali. La sporcizia, la polvere e lo smog si lavano via dalla grande finestra due volte a settimana, ma la scena è sempre la stessa da tre secoli almeno: guidatori a stropicciarsi gambe e braccia, matrone sfavillanti nei loro broccati esotici a inseguire il figlio con il Buondì di metà mattina, scolaresche che volentieri si soffermano sulla pasta multicolore a forma di gamete maschile.

Oramai sapeva associare ad ognuno di questi tipi la colazione e il pranzo opportuno, richiesto usualmente scontrino alla mano e un'insana voglia di averlo presto, prima di subito. Era una cosa di cui ne andava particolarmente fiero mentre la raccontava ai colleghi grattandosi la pancia di panino pomodoro e salsa rosa quasi digerito.
E' come se ogni uomo, scandiva con aria da filosofo, fosse separato alla nascita dal proprio menù panino+bibita 5 euro oppure caffè+brioche 3,50 euro, con l'uomo che se ne vive bellamente e il menù che si compone via via secondo il ciclo naturale. Ecco, due specie di binari che corrono a lungo infelicemente per conto loro, sormontati da due convogli che si scambiano saluti a vicenda e si danno appuntamento alla prossima volta che sostavano all'autogrill.
Chissà perchè questa metafora dell'uomo che insegue il proprio panino+bibita 5 euro per gran parte della propria esistenza lo metteva di buon umore, gli forniva la necessaria carica per affrontare le del primo pomeriggio dove il Sole trasforma la stazione di sosta nella piazza centrale di Armadillo, fisiologico bivacco per i TIR, bestioni da deserto e carcasse calcificate. Il mondo passa per quell'autogrill, plastica e vernice rossa galleggiante sul mare d'asfalto tra il mare e il crinale, si sofferma a bere una Coca Cola o cede all'insolito panino dal nome risorgimentale, poi scioglie le briglie e riparte verso l'ennesima città fantasma, come se avesse affare urgenti da sbrigare qualche chilometro più in là e invece ancora ad assaggiare l'identico panino e mandar giù l'ennesimo caffè in cialda.
Un tour su ruote che alla fine ha analogo perimetro del piatto rotante del fornelletto dietro il bancone dell'autogrill sulla Milano-Venezia.



Racconto breve liberamente ispirato da Autogrill di Francesco Guccini: della serie idee originali mai, eh?
Della canzone manca la tematica amorosa, che magari sarà introdotta in una successivo capitolo. Se sopraggiungerà la voglia, beninteso...

La ragazza dietro al banco mescolava birra chiara e Seven-up, e il sorriso da fossette e denti era da pubblicità, come i visi alle pareti di quel piccolo autogrill, mentre i sogni miei segreti li rombavano via i TIR... Bella, d' una sua bellezza acerba, bionda senza averne l' aria, quasi triste, come i fiori e l' erba di scarpata ferroviaria, il silenzio era scalfito solo dalle mie chimere che tracciavo con un dito dentro ai cerchi del bicchiere...

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