domenica 31 ottobre 2010

Lucca Lucca sulle note di Losing My Religion

"Scusa, 'on ho 'apito". Pioggia diluviana, strade allagate quando non impantanate, poco più di dodici ore fa, esclusa ora legale. Passeggiando per Viareggio chiedi informazioni a una fiorista su come raggiungere l'agognato punto B. Il tuo accento cozza con la cadenza toscanaccia della tipa, invero arrogante.
Invero poco incline all'integrazione e autentica fans delle "100 città" di cattanea memoria.
Pace e Amen.
Nota a margine comunque sia di una due giorni fuori e dentro le mura di Lucca provincia di Lucca per l'annuale fiera dedicata a fumetto, videogioco e intrattenimento. Se non ci si metteva la pioggia e altre incidenze di natura divina, forse il bilancio sarebbe stato ultrapositivo. E in ogni caso un giretto di tutti gli stand lo si è fatto, qualche bel momento di sana compagnia pure, una "delicous" pizza, qualche bell'incontro idem (incluso quel bel ragazzo, occhiali e sciarpina, che si presenta come "il tuo peggior incubo"). La pioggia ha dato una sferzata alle corde della cordata di Animeye che si è vista costretta (??) ad annullare gli appuntamenti per la giornata di Domenica.
Pace e Amen. Ci si consola con un paio di uscite fumettistiche raccattate qua e là, ma anche sopratutto con le melodie di Losing my religion, che qualcuno poco prima dell'alba, esclusa ora legale, ha proprio dichiarato di non apprezzare!


martedì 26 ottobre 2010

C'è chi cade dalle nubi...

Con il piglio generale dei classici della Commedia all'italiana, dei Matrimoni all'Italiana e di convesso dei Divorzi all'Italiana, degli Onorevoli e dei Mostri, della Grande Guerra e degli Amici Miei.
Nomi sciorinati oggidì da cinefili della prima ora che all'epoca certo li avevano snobbati e che ora provano a redimersi celebrando la commedia di costume dei Totò, dei Sordi e dei Tognazzi (meglio arrestare qui il lunghissimo elenco per non scontentare nessuno...), proprio come fanno con gli Spaghetti Western. E sono pure gli stessi che dopo le stagioni di Troisi e Benigni, e nonostante i colpi messi a segno ininterrottamente da quasi trent'anni a questa parte da Verdone, sono pronti a scommettere che il cinema italiano made in Cinecittà in Roma non faccia più ridere.
Gli si vorrebbe dar ragione data la sequela di cinepanettoni a Natale, cinecocomeri in piena Estate e qua e là qualche filmetto da straccioni (Sharm El Sheik con Panariello) e le prove d'attrice della Simona Ventura, che recita con un palo di frassino infilato su per il culo. Ma in realtà c'è dell'altro: registi come Brizzi e Veronesi pensano in grande, dibattono sui grandi temi del tessuto sociale dello Stivale, sviluppano idee interessanti e le affidano a cast corali di attori capaci, non a veline e tronisti da spot Tim come si sono sviliti a fare i Vanzina.
Sono film come Ex, Italians, Genitori e Figli, Questa notte è ancora nostra, Oggi Sposi a ridare lustro alla nostra commedia, a fare del sano sarcasmo, del garbato intrattenimento. Problemi quotidiani, perlopiù attinenti alla sfera sentimentale, qui trattati nella leggerezza tipica del cinema popolare, che non rifiutano le macchiette, ma dicono un secco no a quella pornografia e volgarità che il media tivù ambisce a proporre come cappa culturale.
Nella settimana esce Maschi contro Femmine di Fausto Brizzi, corpo scontro, muro contro muro (come l'omonima storia a fumetti su Topolino sceneggiata dallo stesso Brizzi e disegnata da Mastantuono) tra i due generi, acerrimi rivali ma che poi tanto teneramente si cercano dall'alba dei tempi. Le prime recensioni sono ottime e nulla vieta che gli spettatori si riconoscano pienamente nelle disavventure di omini e donne. La verità è che questo popolo mica è cambiato molto dai vigliacchi tempi della Grande Guerra di Sordi e Gassman, si professa fervente cattolico ma poi sfrutta la comoda opportunità del divorzio, acciuccia e si spartisce in politica come negli affari, educa al rispetto di regole ma poi sviscera leggine e cavilli per avere rivalsa. Non che siano elementi propri solo dei virgulti italici e che altrove siano scomparsi, ma guarda a caso pur cambiando i tempi storici e le chiavi di dibattito si ritorna sempre punto eaccapo a parlano di questi italiani bravagente, ma che appena ti giri ti rubano il portafoglio o, fuor di metafora, ti ridono dietro (presente!), ti fanno ingiurie (assente!) o ti giudicano il perfettino di turno (presente!).


Così si arriva anche a parlare di quanto questi occhi di cane hanno visto ieri pomeriggio, ovverosia Cado dalle nubi di Gennaro Nunziante che segna il debutto sullo schermo cinematografò del comico meridionale Checco Zalone. Non che se ne chiedesse a gran voce il debutto, ma tant'è eccoci...
Dunque un ragazzotto del Sud strimpella la chitarra e così facendo vola al Nord, a Milano, patria dei reality show o pretesi talent show, ospite del cugino "omosassuale" e corteggiatore di una bella laureanda in Psicologia ma lei ama un altro (il suo prof dai capelli argentei), il cui padre è questo segretario del Partito del Nord, che racchiude nelle ampolle l'acque del Po e ce la ha su con i bingobongo. Cioè la Lega Nord.
La matrice è autobiografica, il sogno del cantante, l'amore nella grande città, si intrecciano con la tematica politica secessionista/razzista più omofobia e outing, due belle problematiche scottanti della realtà odierna trasposte al cinema con frasi sgrammaticate, canzoni-parodia e battutine che fanno ridere poco poco. Carino. Voto: 6.
Il Checco attore è impacciato, stralunato, certo non conosce i tempi del cinema e nemmeno quelli della commedia. Siamo sicuri ci lavorerà su e se ne uscirà con gioia per il secondo suo film da protagonista già calendarizzato per fine anno e con il titolo "Ma che bella giornata".
Più generale di così...


giovedì 21 ottobre 2010

La nostra nona caccia al dragone

La sceneggiatura di Yuji Horii parla di perdita dell'amato/a, di smarrimento degli ideali, di autentica morte e persino dell'affezione che gli esseri umani hanno per le divinità ultraterrene.
Tutte queste tematiche all'interno di un colorato gioco di ruolo che tra barlumi "cartoon" e simpatici motivi di Koichi Sugiyama. In realtà non parliamo del più infimo videogame che l'industria nipponica abbia sfornato, ma del million seller Dragon Quest IX uscito quaggù lo scorso Luglio su Nintendo DS.
Per quanto la struttura della serie sia grosso modo la medesima da vent'anni a questa parte, essa riesce di volta in volta a reinventarsi ad appagare il giocatore, alzare sempre di poco l'asticella della sfida. Chiede impegno e dedizione Dragon Quest IX, ma in cambio è pronto ad omaggiare con una storia ben scritta, ponderata, che non attiene esclusivamente alla salvazione del mondo dalla distruzione meditata da una potente organizzazione (i riferimenti sono casuali, certo che sì), ma ironia della sorte parla delle nostre paure, della nostra fragilità, della nostra incapacità di agire e reagire. In quel mondo fatto di statuine del presepe c'è come uno specchio dell'ansia e del perenne agnosticismo umano.
Di convesso altre serie nipponiche come Tales of e Final Fantasy (per citare le più note) stentano a proporre contenuti nuovi, limitandosi ad imbastire storie di amicizia e coraggio aldilà dei limiti umani che tanto trovano conforto nell'estetica anime e nel prototipo adolescenziale nipponico, e quindi nelle classifiche di vendita, ma sotto sotto si portano a casa sempre critiche a go go, specie dagli appassionati occidentali che succubi delle proposte dell'industria nipponica non lo sono più da almeno un lustro.
Con ciò si vuole spezzare una lancia e di più consigliare tale videogame alla stragrande maggioranza dell'utenza DS: gli appassionati lo troveranno ben più fresco e meno conservatore di molti consimili (basti pensare all'ingessato battle system dei Tales of), i giocatori occasionali troveranno in Dragon Quest IX le caratteristiche salienti della scuola ruolistica nipponica, solo in parte trapiantate nei tanto osannati Pokèmon.


martedì 12 ottobre 2010

Perchè l'Autore è uno str***o

L'utente di Blogger Nicolò Pellegatta ti ha invitato a fornire un contributo al blog: De Re Ludica.
Questo più o meno quanto comparso pochi secondi fa al nuovo sfavillante indirizzo gmail.
Nicolò Pellegatta (io) ha invitato Nicolò Pellegatta (ancora me medesimo) a scrivere su queste pagine, cosa che quest'ultimo sta facendo prooopriiio ooooraaaa.
Quindi dal punto di vista formale ci sarebbe un secondo autore chiamato a buttar giù pensierini e oscenezze a questo giro.
Presentazioni fatte (fiuuu) scrivi queste parole ad una buona settimana dal post più recente, quello sul sogno terribile, nato dalla sbornia post-esame in una mattina di dichiarato cazzeggio. Ergo sveglia ore 10:00. Queste parole sono ispirate dall'episodio 12 di Gaming Effect, il cui reiterato download ha portato a scaricare infine un file audio della metà di quello totale. Mistero. Appunto per i prossimi giorni. (cercare di) scaricare l'mp3 completo.
Parlano sostanzialmente del mercato dei videogiochi in questo paese qua, di come il rapporto di AESVI (sigla di cui ovviamente non ricordi l'acronimo) paragoni l'Italia alla Polonia in termini di venduto, fasce d'età, console per famiglia, ecc... Sticazzi. Resta il vanto che più della metà delle copie ciulate ai Gamestop appartiene allo zoccolo duro e non alle familiucole con Wii Fit e un Wiimote infilato su per...il tubo.
A fianco di Windows Media Player c'è aperto il convertitore video che pian pianino rende il film di John Ford Il Massacro di Fort Apache con indovinate un pò John Wayne digeribile da codificatori audio/video degni degli hi-fi che hai sparsi per la casa. S'attende la visione con la tipica eccitazione da ebete che colora il volto del sottoscritto all'approcciarsi a un film western.
A fianco della scheda di Blogger ci sta un video da Youtube dal titolo scritto in caratteri nipponici: aperto chissà come e chissà seguendo quale percorso lo spot di Yakuza 3 in cui il bel Toshihiro Nagoshi lancia un sasso in riva al mare. Vaaaaa Beeene.
Hai appena terminato una sessione ad Halo 3 ODST, in cui nell'ordine respinto un attacco Covenant all'interno di un parco pubblico di New Mombasa, poi nonostante ti sentivi come l'onnipotente avendo una mitragliatrice per le mani ti han fatto ripiegare e fronteggiare un attacco da due lati in evidente penuria di munizioni, poi hai attivato un ascensore, poi degli insetti tipo le merdine di Halo 1 ti hanno attaccato, poi ancora Covenant, poi un'astronave a salvarti, poi la deflagrazione dell'edificio. Sticazzi. Buio. E' notte e stai attraversando sempre la stessa strada per andare a recuperare un fucile di precisione. Non va: questa non è narrazione interattiva Bungie. Maggiori dettagli da ritrovarsi nelle insensate lodi sperticate alla sceneggiatura del titolo Bungie da parte di recensori di mezzo mondo.
E ancora prima ascoltavi a Ballarò Nicola"perchè è una stronza"Porro, vicedirettore o roba del genere de Il Giornale: tipo quello che si è inventato di "rompere i coglioni alla Marcegaglia per i prossimi venti giorni". Non è politica è informazione, vomita addosso ai comunisti di Rai 3.

Ora te ne vai a nanna, pacifico come non mai. Hai descritto un Martedì sera tipo, hai detto di stare bene, di continuare a cazzeggiare come al solito, di portare avanti le solite passioni, di rifuggere cose più importanti. Ma tutto ritorna sereno quando in sottofondo parte la musica sotto il duello finale di C'era una volta il West. Il duello più migliore della storia del Far West.
Dicasi primi piani estremi, uno zoom dal particolare al generale capace di polverizzare qualsiasi altro zoom precedente e successivo, pure quel 3x di cui si vanta la tua macchina fotografica, e poi quel "suona qualcosa a tuo fratello" che quasi quasi diventa l'immediato stato su Feisbuc. Naaaa. Bang!

mercoledì 6 ottobre 2010

Freud e il parco acquatico Garibaldi

Dunque prendetelo come fumoso, anzi molto fumoso. Perchè se già un sogno d'antologia remmiana è roba da allucinanti incastri pseudologici, cioè psicologici, a dodici ore o forse più alla conturbanza mentale s'arreca pure il ricordo.
Dunque il cielo era terso, questo è certo, come d'altronde lo era ieri su gran parte della Padania; però però non pioveva, cioè forse sì, cioè forse no. Il luogo certo che lo ricordi: Milano, Porta Garibaldi. Che in realtà non aveva nessun carattere reale di quella zona ora sventrata dai lavori per il megaparcheggio sottorraneo (leggasi nell'interpretazione freudiana: sottomarino. Prosegua amato lettore), se non fosse per le insegne della metropolitana M2. Cioè c'erano delle M questo sì, ma qualcuno ti ha instillato nella mente che quella era la stazione Garibaldi. Pace...
Come ore dovevano essere le 18, perchè c'era un pò di buio, un pò di freddo e un pò di fretta per non perdere il 6.45.
Tuttavia c'è un immenso particolare: l'intera area era sommersa. A rigor di logica non si capisce nè come nè perchè. Fatto sta che - why - emergevano dall'immensa e cupa distesa liquida le insegne della metropolitana ebbasta.
A ricreare un pò di vita ci pensano dei moli di legno che fanno tanto porto di Springfield, nella versione sovente saggiata dai Simpsons. Poi dovrebbe far capolino un vecchio amico, credi di aver scambiato due chiacchere con lui ma poi vi siete congedati. Credi.
Più nitida è l'incomprensibile corsa successiva: qui sì che ha iniziato a piovere, FORTE, e tu hai percorso il chilometro, chilometro e mezzo (giusto per dare un'idea) di costruzione erta sopra un mare in agitazione.
Ti prende un colpo quando un rugoso capodoglio ti salta in parallelo al tuo tapirulan (e dire che l'orca di Sonic Adventure ti esaltava e ti esalta a tutt'ora), affretti il passo finchè arrivi al termine del molo. Nemmeno il tempo di prendere fiato che dall'acqua sbuca un immenso polipo gigante, tipo quelli fotografati negli abissi dagli esploratori dell'800, sì insomma quelli con le ventose grandi quanto una Smart. Da qui la classica del cinema: il polipo atterra stecchito e per un pelo non ti piglia sotto. Riscappi a perdifiato e riattraverso il chilometraggio di tronchi d'albero.
Puf!
Qui termina il nastro, cioè la memoria del sottoscritto.
Lungi dal dire che di sogni ne fai tanti, ma che pochi restano impressi così nitidamente e sopratutto a queste ore di distanza, ora il problema è l'interpretazione.
Che cazzo frulla il mio cervello? Da quali ossessioni scaturisce labbalena e il metrò allagato?

A pensarci bene la descrizione vanta sporadiche analogie con la Rapture di Bioshock. Peccato che il 2 non lo hai giocato e che il primo te lo eri giocato all'uscito, tipo due anni e più fa.