domenica 2 gennaio 2011

Italiani-Greci: una faccia, una razza...

Promemoria per l'anno appena iniziato: tornare in Grecia. Senza impegno beninteso e possibilmente lontano dagli aggregatori per turisti come Rodi o le discoteche ambulanti come Kos, Santorini, ecc...
Il Mediterraneo di Gabriele Salvatores, Oscar nel 1992, profuma della Grecia che hai conosciuto nelle due occasioni che hai avuto di visitarla. Odora di viaggi in pullman roventi, di scogli aspri, delle candide abitazioni, di un mare che sembra così raccolto e in realtà è immenso. Lambisce la Turchia porta d'Europa, lambisce la Terra Santa, lambisce l'antico Egitto, lambisce le montagne d'Atlante, lambisce la penisola iberica, lambisce il Bel Paese, lambisce il corno greco. Mediterraneo. Graecia capta ferum victorem cepit.


Ad essere romantici forse si capisce perchè Mussolini avesse tanto a cuore questa terra così ricca di storia. Tanto da mandare nel 1941 una truppa di sbandati e disertori su un atollo dell'Egeo per un'occupazione strategica, punto di controllo delle rotte tra Dodecaneso, Egitto e Libia.
In realtà la perdita di comunicazioni con l'esterno, con l'Italia, con la guerra, a seguito della rottura della radio rappresenta la salvezza e si potrebbe dire che nel momento in cui i camerati sono abbandonati e dimenticati loro malgrado ritrovano un senso di unione, di pienezza, di comunione con sè stessi che mai avrebbero trovato nella madrepatria.
"Italia di giorno ti penso, di notte ti sogno" lo slogan pitturato a carboncino e sicuramente presto cancellato. Cancellato così anche il senso dell'onore, della disciplina militare che all'inizio tanto poteva accostare questi arditi agli eroi omerici, giunti qui a conquistare il valore sotto le alte mura di Troia e invece ecco cambiato tutto tra giochi di società, chiese da affrescare, esperienze sessuali da fare.
Salvatores lo dedica a tutti quelli che scappano, dimenticandosi di precisare da dove costoro scappano. Il messaggio del film non è forse che questi piuttosto che scappare corrono convinti tra le braccia di un destino radioso?

Pini, Fecchia, Freghieri, Barbagli e Santodio.
E il piccolo Bruno Caorso, balilla di Rimini


Dopo l'Oscar a Tornatore nel 1989 con Nuovo Cinema Paradiso, due anni dopo l'Italia lo riottiene con Mediterraneo di Salvatores. Statuetta inattesa come la prima, ma alla fine nei voti cabalistici dell'Academy il miglior film straniero è tutti gli anni un'incognita.
Va da sè comunque che tra la pellicola di Tornatore e quella di Salvatores si sprecano le affinità, per cui è evidente che il cinema americano allora si auspicava dall'Italia pellicole tutto sommato comiche (nulla a che vedere con il cinema impegnato di Monicelli o di De Sica o di Fellini), ma capaci di un risvolto poetico. Condividono inoltre i due il periodo storico, l'ambientazione (la Sicilia in fin dei conti spartisce non poco con l'arcipelago dell'Egeo), il percorso di iniziazione, di scoperta di sè e dell'altro, una certa vena di ironia e una colonna sonora di grande effetto.

Nessun commento:

Posta un commento