giovedì 27 maggio 2010

L'allenatore che veniva da Oriente

Eccezzionalmente si parla di calcio, ma non fateci il callo. A breve ci sono i Mondiali e potrei riesumare l'argomento solo in caso di vittoria italiana. O giapponese.
C'è anzitutto la tripletta dell'Inter che quest'anno ha davvero raggiunto dei risultati impensabili. E non me ne vogliano i giocatori nerazzurri, ma dietro i tre tituli c'è il solo nome di Josè Mourinho.
Arrogante, pirla, gliene hanno dette di tutti i colori, i giornalisti italiani, ma in verità ha imbrigliato tutti quanti. E ora ad ogni angolo qualcuno si dispera per la sua partenza, sul sagrato della Chiesa, al bar, di fronte a un grafico di Microeconomia (o qui la disperazione la si deve a qualcos'altro?).
Ma lui va, cosa resta a fare: "Calscio italiano? A me non piace, io lo dico". E dove andrà? A Lourdes per le "apparisioni"? ironizza Crozza. A Betlemme per ritornare alle origini? ironizza Bertolino.
Certo, il più lontano possibile da Balutello...
Ma scopriamolo insieme con l'ausilio della lavagnetta il miracolo mourinhano.

Trentacinquesimo minuto, 22 Maggio. Julio Cesar da inculoailupi rinvia la palla, Milito la intercetta alzandosi in volo grazie ai razzi propulsori, rallenta il tempo e la schiaffa sui piedi di Sneijder, la riappoggia all'argentino che segna. Ok, talento cristallino: ma la provvidenza, che per brevità chiameremo qui Josè Mourinho ha fatto in modo che ci fosse una situazione in cui due attaccanti beffano alla grande quattro difensori più portiere. Della seconda squadra più forte d'Europa.
Ma tu la partita grazie al cielo manco la hai vista e il campionato manco lo hai seguito con attenzione: alla fine però in Italia tutti sono allenatori...
Ve ne accorgerete ben presto.

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