sabato 6 marzo 2010

Interpretazione del decreto interpretativo

Dunque, si parlava giusto ieri di promesse, di mantenerle a tutti i costi: ma è evidente che quando in Gennaio, conosciuto l'assetto partitico verso le regionali, mi apprestavo a una pausa dal pensiero politico, nulla poteva immaginare una situazione come quella che si è verificata nell'ultima settimana. Caso squisitamente interessante per un politologo, un virtuoso delle teorizzazioni trova pane per i propri denti affamati di deficit democratici e divisioni dell'elettorato. E sia, ma in una prospettiva pratica, concreta, diciamo pure pragmatica, la situazione va ben oltre alla qualità della democrazia in Italia (che, in merito a partecipazione, rimane assai ragguardevole). E' l'esasperazione di un testa a testa, un perde chi molla tra magistratura e governo, con un parlamento semplicemente dominato, ridotto a convertire decreti legge e vessato da improponibili scadenziari. Un Capo dello Stato che merita grande stima per i lavori che sta conducendo nel ristabilire la situazione (per quanto, il clima attuale, nonostante l'accanimento della campagna elettorale, non potrebbe essere altrimenti!, è assai più disteso dei mesi scorsi, quelli che hanno preceduto l'attentato di Piazza Duomo), ma che sotto il profilo istituzionale dimostra le sue fattezze di burattino, come puntualmente viene fatto notare dal 48 in poi. Qualcuno ironizza di dargli la tessera onoraria del PDL (in effetti, dovrebbe assumere maggiori connotati da vecchio e consumato comunista qual'è: un polso maggiore, una maggiore invettiva rivoluzionaria), qualcun'altro parla di impeachment (cioè la messa in stato d'accusa, che a) è prevista per il solo Presidente degli Stati Uniti, b) vale solo per reati quali l'Alto Tradimento e l'Attentato alla Costituzione da parte delllo stesso Presidente della Repubblica, eh!, e c) il parlamento non te lo voterebbe mai, abbassa la crestina galletto dei miei...).
E' ovvio che il decreto interpretativo del Governo, già promulgato (pardon emanato) da Napolitano, da un lato rappresenta la pronuncia ufficiale del Consiglio dei Ministri (indi, tendenzialmente lontano da manovre di partito. Seeee, come no... lo avrebbero fatto se in tale pantano fosse finita la Bonino o la Bresso? Io no) , ma è ovvia la forte presa di posizione da parte dell'esecutivo, la decisa intimidazione al giudizio del TAR lombardo, il fermo antagonismo che non ha certo origine dai rapporti istituzionali fermati dalla Costituzione. Quindi chiamamo questa manovra con il suo vero termine, fino ad oggi usato a sproposito: autoritaria. Già, perchè tutto ciò risulta essere davvero una invasione delle responsabilità governative, perchè si immette nell'esercizio legislativo (un decreto legge, usato impropriamente, dal momento che si tratta solo di una interpretatio iuris e non un provvedimento che richiama una conversione) e giudiziario (a nessuno fa mai piacere se un estraneo vi dice come fare il vostro lavoro, giusto?).
Ma sia chiaro: non è l'interpretazione in sè a destare dubbi all'Autore (in Italia esiste un organo che fa questo di mestiere. Si chiama Corte Costituzionale, giusto?), ma la scarsa fiducia nel pronunciamento del giudice, e nella giurisprudenza passata.
Ma di fondo si tratta di un calcolo presuntuoso, arrogante. Ingiustificabile. Anche se si rivela l'effettivo strumento per colmare quel buco democratico che l'esclusione di Formigoni e della Polverini lasciava intravedere.
E la questione ancora non è finita...

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