venerdì 26 marzo 2010

Marcorè perunpomeriggio

Una sedia. Un'aula magna gremita.
Basta poco per parlare, dialogare, confrontarsi.
Ed è quello che ha fatto l'attore Neri Marcorè venerdì 26 alla Statale di Milano, in una lunga intervista con gli studenti universitari. Bazzica in questi giorni nel capoluogo lombardo per la conclusione della terza stagione del suo spettacolo teatrale "Un certo signor G" dedicato alla persona di Giorgio Gaber, monologhi e canzone reinterpretate alla luce della situazione attuale (anche se Marcorè ritiene che pochi passi avanti si siano fatti in questo paese dagli anni '70 e '80). E proprio il giovedì precedente teneva tale spettacolo, quando avrebbe preferito guardare in diretta lo show di Santoro da Bologna (Raiperunanotte), al quale - confessa- avrebbe desiderato anche partecipare.
Dice che non è il suo paladino, ma la trasmissione è sicuramente importante per la rivendicazione di quella libertà di informazione, patrimonio comune della nazione italica. Democratica.
Ma che personaggio questo Marcorè: eclettico, spiritoso e marchigiano. Di cosa vogliamo palare? Di satira? "La satira è quel mezzo d'espressione che coniuga la comicità e l'informazione", cioè presenta mediante il riso nozione e notizie altrimenti non veicolabili dai normali mezzi di comunicazione. Molto opinabile. Ma sicuramente "il pubblico è l'unico censore possibile", sovrano sulle performance degli autori satirici. Non altri.
Brillante e sagace il ragazzo, decisamente invaghito delle meravigliose canzoni di Giorgio Gaber: ah lui, in proposito, temeva non tanto "Berlusconi in sè, ma Berlusconi in me". E forse bisogna pensare del livello di pervasività raggiunto dal leader del centrodestra da sedici anni a questa parte. Già, ma solo dopo queste infauste elezioni...
Dicevamo che si è portato una chitarra, di piccole dimensioni, per cantare alcune canzoni dell'artista, come la più che calzante "Le elezioni". Dissemina per l'aula a due piani una contagiosa risata, spontanea tanto quanto le boccacce di Gaber nel corso dei suoi concerti. "Non so cosa manca a me del signor G" si chiede Marcorè "forse le melodie, forse la poesia". Niente di tutto questo: "forse il naso". Ecco, ta ta ta tan.


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