giovedì 4 marzo 2010

Sempre in piedi. Mai sconfitto.

Mai vinto. Mai domo. Mai sconfitto. Invictus. Undefeated.
E' in questa parola, di difficile traduzione in italiano, che Clint Eastwood riassume l'intero significato della vicenda che va a raccontare.
E si cui operiamo non una, ma due riflessioni.
Basato sul libro di John Carlin. Ama il tuo nemico, racconta l'incontro del 1995 tra Nelson Mandela e Francois Pienaar, capitano degli Spingboks, la nazionale sudafricana di rugby. Sapete già come è andata: per la prima volta nella sua storia la squadra dell'emisfera australe si è portata a casa l'ambita coppa del mondo sconfiggendo in finale una agguerritissima Nuova Zelanda. E' stata un grande vittoria, perchè oltre al risultato sportivo è riuscita ad unire per la prima volta bianchi e neri sotto un'unica bandiera. E il merito è anche del presidente Mandela che ha creduto moltissimo in "questo rugby".
Non dispiacerà a questo punto se propongo anche le parole finali della pellicola, pronunciate dal Premio Nobel per la pace:

ringrazio qualunque Dio esista
per l'indomabile anima mia. [...]
Io Sono il signore del mio destino:
Io Sono il capitano della mia anima.

Sono parole del poeta inglese William Ernest Henley, tratte dalla vittoriana poesia "Invictus".
Nonostante Clint Eastwood forzi la realtà storica (in realtà Mandela dona a Pienaar un discorso di Roosvelt, e non la poesia in questione), le parole sono assai forti, sopratutto se si pensa ai fiumi verbali spesi dal coetaneo Oscar Wilde, che condivise con Mandela una ingiusta prigionia.
Il primo presidente nero sudafricano ha avuto la forza, il coraggio, l'ardore di risollevare la testa, guardare negli occhi il proprio segregatore, stringere la mano al boia e perdonarlo. E' questa la forza del personaggio: unire le genti in nome di una comune battaglia, non politica, non sociale, non razziale, ma umana. Alla fine sono più le cose che ci uniscono rispetto a quelle che ci dividono, quindi perchè continuare a farci la guerra? perchè scontrarsi su futilità? sulle apparenze? sulle esteriorità?
Il rugby nella fattispecie è una circostanza perfetta (per quanto esso appaia come una sineddoche, indicando in realtà lo sporto più in generale: come Eastwood ha sottolineato più volte. Lui avrebbe fatto tale film film anche se Mandela avesse giocato al poker): unisce le genti, di qualunque colore esse siano, le proietta all'unisono verso l'agognata meta, in un continuo e serrato corpo a corpo, scontro frontale con il rispettabilissimo nemico.
E questo dovrebbe far capire una volta per tutte la forza dello sport e la sua straordinaria capacità di far nascere delle nazioni democratiche e pluraliste. Unite verso un destino comune.

A giorni un pensiero più specifico sul film, sulla regia, sugli attori, sulla colonna sonora, sul doppiaggio eccetera eccetera...

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