mercoledì 2 giugno 2010

Il tramonto del Sol Levante

Il primo Settembre scorso anche Romano Prodi al TG3 applaudiva il "miracolo" giapponese: l'esportazione del modello Ulivo è stata un successo, diceva più o meno così.
Dopo decenni di monopartitismo, con i liberali sempre al governo dagli anni '50, il Giappone aveva provato a cambiare direzione premiando l'interminabile gavetta del sessantatrenne Yukio Hatoyama, leader del Partito Democratico. Due i punti in programma: affrontare la crisi, scacciare gli americani da Okinawa.
Col senno di poi era un progetto politico più zoppicante di quanto si pensasse, perchè non puoi avviare un esecutivo progressista, fortemente ispirato ai valori di giustizia sociale dei Democratici di Obama, per poi ingaggiare una ferrea contrapposizione per lo smantellamento di una delle basi militari statunitense imposte al Giappone dopo l'armistizio dell'Agosto 1945. Una delle tante, ma la più contestata (episodi di stupri e violenze, offese ai "musi gialli": sappiamo quanto i giapponesi tengano al proprio onore), la più imponente (occupa gran parte dell'isola, con 8 mila soldati), la più strategicamente rilevante (guarda proprio in faccia Shangai: da qui partivano i caccia USA durante la guerra del Vietnam).
Hatoyama ci ha provato sino all'ultimo, di mantenere la promessa elettorale, risollevare la testa di fronte al fiero conquistatore, ma stamane si è presentato di fronte all'assemblea di partito col capo chino: "La cooperazione tra il Giappone e gli Stati Uniti è indispensabile per la pace e la sicurezza in Asia orientale e sono stato costretto a chiedere alla gente di Okinawa, con mio grande dispiacere, questo onere". Fine dei giochi.
Sarà dura per il Partito Democratico affrontare tale annosa situazione: la prossima settimana si proverà a presentare un nuovo esecutivo al Parlamento, nella speranza che lo scoglio delle elezioni parziali al Senato del prossimo luglio possa solo colpire marginalmente la flotta di Hatoyama e soci. Una maggioranza liberal-conservatrice in uno dei rami della Camera rappresenterebbe un ostacolo difficilmente arginabile, una logorante battaglia contro l'ostruzione parlamentare che vanificherebbe quei propositi di riforma di cui il moderno Giappone ha disperatamente bisogno.

Nodi culturali

E nel frattempo il nodo della crisi non si è sciolto, anzi ha eroso maggiormente l'economia nipponica: dipendendo molto da esportazioni (di prodotti tecnologici e automobilistici) e importazioni (materie prime), la difficile congiuntura di Eurolandia non ha certo permesso di rialzare la testa, portare avanti quella politica progressista a lungo sospirata da larghe frange della popolazione. Anche perchè la crisi prima ancora che economica è mentale: la perdita del predominio in Asia orientale rispetto ai cinesi, la crisi di valori e l'abbandono delle tradizioni. Sono questioni che impensieriscono i giapponesi che negli ultimi anni hanno visto un generale declivio dei loro sogni di gloria, una battuta d'arresto all'incontenibile boom economico della seconda metà del Novecento.

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