sabato 12 giugno 2010

Fantasmini sudafricani

Che ci volete fare? Proprio un bel nulla.
Ma avevam detto che non si sarebbe parlato di Mondiali sudafricani: "potrei riesumare l'argomento - mi autocito testualmente - solo in caso di vittoria italiana. O giapponese." Entrambi iniziano la loro avventura Lunedì venturo: JAP-Camerun ore 16, Parag(u)ay-Italia ore 20.30 subito dopo l'editoriale del Minzo nazionale, ma io non ho detto niente.
Facciamo, però, un'eccezione parlando dello spirito calcistico che deve proprio averti contagiato. La cerimonia d'apertura si è protratta secondo un ritmo serrato, ma generalmente sobrio, lungi dai millemila tamburi dell'Olimpiadi cinesi che tanto impensierirono Eric Cartman: al grido di "Welcome to Africa" e "This time for Africa" si è salutato il primo Campionato del Mondo in terra africana, trasformato da insigni antropologi come un ritorno agli albori della vita umana. Ok, cazzate grandicomjeunacasa...
Purtroppo l'assenza di Nelson Mandela colpito da un lutto familiare: avrebbe tanto voluto esserci, avresti tanto voluto vederlo con cappellino e maglietta verde oro come ai mondiali di rugby del 1994. Peccato, peccato davvero.


Poi è stata la volta del concerto d'apertura di fronte a 45 mila persone nel corso del quale si sono esibiti celebri gruppi pop tipo Black Eyed Peas, John Legend e Shakira. Proprio la cantante colombiana ha prestato fisico e voce all'inno ufficiale della manifestazione. Come al solito lasciamo spazio alle critiche: non è sudafricana, ci voleva una artista sudafricana, blablabla. E non mancano giudizi più "artistici", alla Garrison amicisiano: "Che poi sta Shakira, in ogni canzone che fa deve metterci sta cosa della danza del ventre? L'abbiamo capito: sei nana, sei bionda finta, sbattere il culo è l'unica dote di natura che si ritrovano le donne della tua famiglia da dodici generazioni. Ma c'è proprio bisogno? Non puoi cantare seduta? Con le braccia conserte?". Giusto, vero, ma la foto poco sotto a me cancella tali perplessità.
L'inno ha pure un nome. Tenetevi forti: Waka Waka. Che diamine eri convinto che fosse il verso dei fantasmini di Pac Man dalla versione nehanderthaliana a quella in tre d con occhialini, Playstation Move/Wand/come diamine si chiamerà dopo l'imminente E3 ed Iwatani sotto che ti fa un pompino (virtuale). E invece ha un corrispettivo sudafricano.
Il testo della canzone non lo ha capito, non lo vuoi capire: perchè già la linea di testo "Tsamina mina zangalewa Anawa aa" prescinde da qualsiasi costruzione grammaticale di qualunque idioma inventato dall'uomo, passato presente futuro.
In realtà la fischi la canti da ventiquattrore a questa parte e non t'esce dalle orecchie: sarà perchè ogni emissione televisiva te la propone, sarà perchè tutti fanno finta di non digerirla più (tipo "Domani" di Jovanotti sul terremoto d'Abruzzo). Ma in realtà racchiude uno spirito africano, colorato, gioioso, festaiolo, che ti sembrava ormai sopito specialmente nell'inglesissima Sudafrica dell'apartheid: colpa dell'Invictus di Eastwood, certo, con la sua fotografia opaca, a tradire una.
Dai dai, è Estate, arrivano i Mondiali, è giunto il momento di festeggiare, di godersi lo sport: e figurarsi se il Continente africano non sia in grado di trasferirti un pò dell'immanente entusiasmo.
Tsamina mina zangalewa Anawa aa
'cause this is Africa

Tsamina mina zangalewa Anawa aa

This time for Africa



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