sabato 19 giugno 2010

Pixar Files #1: Warriii(o)

Il sesso dei robot è più o meno quello degli angeli: cioè difficile da scorgere. Eppure l'unione platonica tra EVE e Wall-E non può che definire inediti connotati di genere: il primo/a saccheggia modi e forme agli spot iPod, il secondo si presenta come uno scatolotto analogico appassionato del ciarpame umano (un papà Weasley in circuiti e metallo) le cui campionature vocali inneggiano all'idioma giapponese.
Wall-E di Andrew Stanton (già regista di Finding Nemo) accoglie lo spettatore con una cinica favola ecologista, parla di abbandono e solitudine, ma poi sceglie di ricongiungersi a un roseo destino frutto di dedizione e magia. In una Terra ormai ridotta allo sfascio ecosistemico, un robottino si occupa di ripulire il globo dai rifiuti, ma lo fa con molta lentezza. Sai com'è, Brunetta non è lì dietro a sbraitargli ogni due per tre; è invece su una bella astronava a poltrire, mangiare, spettegolare, da qualcosa come settecento anni. Il genere umano è impossibilitato a ritornare sul succitato pianeta per le succitate condizioni climatiche: si è pian piano rammollito, messo su quintaletti ed ha abbandonato la stazione eretta in favore di comodi divanetti semoventi. Le macchine gli dominano la vita, gli portano cibo e bevande, lo rimbecilliscono con immagini digitali, lo pongono costantemente in un mondo digitale che rimbecillisce la realtà, jogging, fitness, calcetto e birretta, manco a parlarne: più o meno si avvera la profezia della società comunista di Marx secondo cui l'uomo avrebbe lavorato solo per autorealizzarsi, lasciando che le macchine si occupino della sua sopravvivenza. Brr...
Molto meglio affidarsi all'albero della pizza e fare ritorno verso casa, ricostruire la vecchia società e lasciare che Wall-E ed EVE possano spupazzarsi per bene nel minivan in cima alla collina. E che cavolo, ne han ben donde...

Il film intraprende coraggiosamente una mitigazione del parlato, ora ridotto al minimo, a frasi isolate, a dialoghi comunque raramente essenziali (eccezion fatta per il comandante dell'astronave). I due robot non parlano, si intendono a suoni, a rapporti criptati, eppure resi in maniera così dolce e amorevole. Di necessità musiche ed effetti audio entrano prepotentemente nella pellicola e fanno la parte del leone, tra melodie d'altri tempi e sintetizzatori odierni (il documentario tra gli extra del DVD illumina oltremodo).
Il lato b di tale riuscito mutismo risiede in una fattualità francamente esagerata e serrata, fatta di - oseremmo dire - situazioni scriptate e conseguenze precipitose.
Ma i comunque presenti difetti (il marrone non si addice mica alla palette degli artisti di Emeryville) non nascondono il vero senso di questo Wall-E che è la prova di maturità per Pixar: dopo fior fior di produzioni ammiccanti perlopiù agli infanti, che però oggistesso sbranano come Transformers e battono come Myley Cyrus, il fantascientifico esperimento di Lasseter e soci si basa su un recupero del cinema muto, dove le performance visive valgono molto più di boriosi dialoghi e altisonanti vocette. Senza parlare di quella commozione che subentra in maniera naturale a certe ben calibrate scenette.
UP poteva superare definitivamente l'ostacolo bimbiminkia in grazia del protagonista alla Spencer Tracy, ma poi, you know, si è rovinato tutto con sta storia dei cani aviatori...

Nessun commento:

Posta un commento