mercoledì 7 luglio 2010

Pixar Files #4: quando Totoro incontra Mr. Hankey

Passeggi al chiaro di Luna, scorri le fronde di un pruno selvatico e con fare da nonno spieghi al fratello che a ben vedere non dovresti dare via tutti i tuoi giocattoli di quand'eri più piccino ad asili o centri ricreativi. Vedi, forse loro a te sono affezionati, intendono con te stare per l' "infinità e oltre".
Si inforca gli occhialini stereoscopici, il saccente, e può dire addio alla saga di Toy Story, ma intravedere il tanto sospirato Sole alto nel cielo sopra Emeryville, cittadina californiana ove sorgono gli immensi studi della Pixar Animation.
Toy Story 3 chiude l'avventura di Woody e Buzz con un lungo e dolce abbraccio al gusto di fragola. "Un abbraccio dolce e triste allo stesso tempo - parola di Nicolò Carboni nella recensione per Everyeye.it - come quello di una madre che vede il suo bambino pronto a partire per costruirsi una vita, come un vecchio giocattolo che ci osserva, un po' impolverato, dal ripiano più alto delle nostre librerie, ormai piene di tomi serissimi e ponderosi, sperando che prima o poi ci venga voglia di riprenderlo in mano".
Il film è una gemma narrativa, in cui la trama viene sviluppato con un ritmo serrato, un rispetto dei tempi comici dei precedenti due film e un comparto d'animazione a dir poco sublime (un Lightyear che parla spagnolo e si lancia in un passo a due con Jessie è da antologia del motion capture. Hay un amigo en mí). Insomma Toy Story 3 "se non è un capolavoro poco ci manca", parola del Mereghetti: cosa manca in effetti? Poco o nulla, ci sono mooolti personaggi inediti tra cui un Ken doppiato da Fabio De Luigi da oggi icona kitsch per eccellenza("non sei un giocattolo, sei un accessorio… una borsetta con le gambe" lo sfottò al tavolo da poker), un Totoro di peluche tanto caruccio anche se si rifiuta di spalancare la sua allegra boccona, un mesto pupazzo con la voce dello scrittore Faletti e così via così discorrendo. Il nucleo duro dei personaggi delle precedenti pellicole permane tra cow boy e cavalli di pezza, alieni da ufo catcher e astronauti prewalleani, tuberi intercambiabili e dinosauri arrotabili, nonchè cani a molla tuttofare.
L'unico che cambia davvero è Andy, padroncino dei giocattoli ormai in procinto di fare di tali balocchi un sol fagotto e spedirli in soffitta. O peggio alla discarica che tanto somiglia alle pendici del Monte Fato. Ma in cuor suo non sembra voler tradire le amicizie di sempre, compagni di innumerevoli giochi, a cavallo di una soffice cometa contro il malvagio imperatore Zurg (Toy Story 2), impegnato in un ammiccante western steampunk dove la dinamite collide con laser alieni (intro di Toy Story 3).
Si piange e si ride come nei migliori film Pixar, come nelle migliori commedie statunitensi degli anni '40: un'emozione generale, mondiale, intergenerazionale che si spande negli ultimi tre lustri, "in nome di un cinema - l'appunto finale del Mereghetti - che non vuole mai abdicare all’intelligenza e alla fantasia, forse perché si rivolge al pubblico più esigente e sofistico che esista: quello dei bambini".


Apre la produzione in CG come di consueto un cortometraggio ex-novo realizzato dagli studi Pixar. E' da sempre il biglietto da visita di Lasseter e soci, la migliore via per lo sperimentalismo in tecniche d'animazione concessa da questa industria cinematografica fagocita tutto.
Quando la notte incontra il giorno (Day & Night) apre Toy Story 3 e lo fa miscelando vecchio e nuovo, animazione 2d (silhouette dei due fantasmini) e 3d (scene sul fondale) avvalendosi magistralmente dei due piani concessi dalla tecnologia steroscopica. L'orgia grafica si sposa con una narrazione per immagini serrata (fin troppo probabilmente) per lo struggimento di un ammutolito spettatore. E come il giorno che incontra la notte, il matrimonio tra due pari opposti, dal manuale Pixar si legge che vecchio modo di fare disegni animati e nuovo modo di adagiarsi sugli allori informatici possono abilmente. E come? Nel punto in cui l'alba incontra il tramonto...


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