domenica 24 gennaio 2010

Two small pieces of soul in Milan

Dopo sei mesi e passa forse si inizia a capirci qualcosa. Non dei milanesi, ma di certo della città. Che è fondamentalmente dotata di due anime antitetiche, come d'altronde talune dottrine filosofiche propagandano da secoli.
C'è la Milano che cresce, che prolifica, che svetta verso l'internazionalità con impeto oserei dire secessionistico (vedi il recente grattacielo della Regione Lombardia "l'altra sede" in Melchiorre Gioia), la Milano eccellente, che osa, che ostenta il proprio lusso, che si mette in mostra. C'è la Milano da bere. La Scala, il Duomo, Montenapoleone, stazione Centrale, il Pirellone.
Ma c'è inevitabilmente la Milano pacata, docile, intimistica, una città che si ritaglia minuti spazi di calma. E' la città che sente l'enorme peso della propria Storia, spesso assai dolorosa (vedi il "binario 21" che il 26 diverrà un luogo ove riflettere sullo sterminio degli ebrei operato dalle milizie nazi-fasciste). E qui i luoghi sono assai più sconosciuti, mistici e soggettivi: i giardini Mendelev (dall'altro lato della strada rispetto al grattacielo più alto d'Italia), il Naviglio all'imbrunire, Piazza San Fedele che si stringe silenziosa attorno al Manzoni, le sperdute stazioni della metropolitana.
C'è molto da scoprire diradando smog e assestando un cartone al freddo, c'è davvero tanto da scoprire. Ma in fin dei conti c'è da scoprire sè stessi e il cammino è così lungo...


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